Riuniti, e scontenti. Della serie, ricevuti e rispediti al mittente. Più o meno con questo stato d’animo dovrebbero essere rincasati a Paola il sindaco, l’assessore alla sanità e il comitato popolare per la difesa dell’ospedale cittadino dopo un incontro lunedì pomeriggio in Cittadella con il commissario Occhiuto e il supermanager (di Dio) Profiti. Obiettivo della “trasferta”, a pochi metri dal riordino della rete ospedaliera che secondo Esposito è questione di giorni, scongiurare il non più scongiurabile e cioè lo spostamento del reparto di Chirurgia da Paola a Cetraro. Argomento “sensibile”, questo. Che potrebbe aver scomodato persino accordi prelettorali lungo il Tirreno in direzione di Cetraro e questo ben prima della cavalcata trionfale della regnanza regionale. Con evidenti benefici per qualche “fortunato” consigliere a Palazzo Campanella. La “cambiale” di Cetraro è stata definita da “il Fatto di Calabria”, intendendo ovviamente un riposizionamento delle prestazioni lungo il Tirreno dettato da tutto fuorché da motivazioni di natura sanitaria e logistica. E nel lunedì della “trasferta” in Cittadella di sindaco e comitato popolare “Paola” avrebbe incassato l’ormai sentenza di Occhiuto. Tutto confermato, Chirurgia trasloca a Cetraro in blocco in una prima istanza con “promessa” di rientrare per 10 unità su Paola al più presto, ovviamente tenendo conto delle diffidenze di genere dal momento che, sussurra chi se ne intende, quando si approda a Cetraro difficilmente si recupera poi qualcosa in uscita. Della serie, Cetraro dove a essere e Cetraro è stata per i bisturi “pubblici” sul Tirreno e a poco serve ripensare alla centralità di Paola in termini di mobilità così come a pochissimo può servire la “foto” del medio e basso Tirreno cosentino letteralmente scoperti a questo punto. In un contesto di paradosso “aggravato” dal fatto che proprio nella zona di Cetraro insistono importanti strutture private convenzionate che già erogano il servizio che da qui a pochi giorni dovrebbe traslocare dall’ospedale di Paola a quello di Cetraro.
Ma Cetraro doveva essere, e Cetraro è stata. È toccato poi al supermanager Profiti, in qualche modo, rintracciare delle motivazioni di carattere sanitario alla base del “trasloco”. E il numero uno di un’azienda che di nome fa “zero” qualcosa l’ha bisbigliato, di sanitario. Non rinunciando a contraddizioni e paradossi. È più prudente che una Chirurgia insista laddove c’è la terapia intensiva e a Cetraro c’è, il verbo di Profiti. Che non cambia quando gli si fa notare che anche a Paola ci sono 4 posti di terapia intensiva. Il meglio, o il peggio, Profiti lo rifila però quando gli si fa notare che anche il privato convenzionato con il pubblico eroga Chirurgia in assenza di terapia intensiva. La risposta potrebbe andare oltre il numero uno di un’azienda che di nome fa “zero”. Ma il privato è il privato, noi siamo il pubblico. Firmato, il verbo di Profiti che in un colpo solo colleziona due performance da capogiro. E cioè che la pelle va salvata solo a chi si fa operare nel pubblico. Che poi sarebbe a dire (la seconda “perla”) che quando la Regione acquista prestazioni dal convenzionato con il pubblico si può chiudere un occhio, se non tutti e due.
Forse qualcuno avrebbe fatto meglio a spiegare a Profiti che è in atto una “cambiale” da incassare a Cetraro. E che il silenzio, a volte, suona meglio…
I.T.