Tempo di veri e propri “agguati” in Parlamento. Di disegni architettonici mirati, congegnati su misura. Di blitz normativi infilati nelle iniziative della Giunta per le elezioni o nelle pieghe del decreto Pnrr che, col Pnrr, non c’entrano nulla. E gira e rigira c’è sempre un pezzo di Calabria in vetrina.
Dopo la “norma Gentile” già finita nella bufera (la Giunta per le elezioni propone di rivedere anche retroattivamente il criterio delle schede elettorali nulle, con più simboli sbarrati nella stessa direzione politica e Andrea Gentile ne conta qualche migliaio di queste mentre gliene bastano 500 per entrare alla Camera) ecco un altro “colpo di mano” infilato nel Pnrr e per ora sventato, ritirato ma con promesse di riscrittura. Il rientro ai vertici della magistratura di quei togati attualmente impegnati nelle istituzioni politiche. Tecnici sì ma indicati dalla regnanza politica di turno. La fine quindi dello stop alle “porte girevoli” di Cartabia memoria. Della serie, chi in qualche modo o forma entra a contatto con la politica non può rientrare subito al vertice della magistratura. Non contemporaneamente perlomeno. E invece in un emendamento al Pnrr e con una semplice aggiunta di “parolina” ecco il tentato “colpo di mano”. Prima firmataria la reggina e leghista Tilde Minasi.
E così Fratelli d’Italia e Lega provano a cancellare con un emendamento di due righe lo stop alle porte girevoli per i magistrati che entrano in politica o assumono ruoli tecnici nei ministeri. Un colpo di spugna rispetto a quanto previsto nell’impianto della riforma Bonafede travasato nella riforma della giustizia voluta da Marta Cartabia. Un codicillo così specifico che di fatto rappresenterebbe un salvacondotto per una manciata di magistrati che sono finiti in ruoli ministeriali con il governo di centrodestra. Se non una norma “ad personam”, insomma, poco ci manca, infilata tra gli emendamenti al decreto Pnrr in discussione ora al Senato.
Ad accorgersene è stato Enrico Costa, responsabile Giustizia di Azione, che su questo ha presentato un’interrogazione parlamentare. I due emendamenti, scrive Costa su Twitter, 《sono stati ritagliati ad hoc per consentire ai magistrati ai vertici dei ministeri di tornare subito nei Tribunali e avere incarichi direttivi. E magari giudicare gli avversari politici》. Le proposte di modifica al momento sono bloccate perché giudicate “improponibili”, sottolinea Costa, ma l’intenzione è di 《ripresentarli entro la prossima settimana in un altro provvedimento》. E quindi il parlamentare di Azione si rivolge direttamente al ministro Nordio: 《È al corrente di cosa sta facendo questa ‘manina esperta’?》.
La norma, se approvata, permetterebbe ai magistrati che finiscono nelle strutture ministeriali o assumono incarichi politici di poter tornare subito ad assumere un ruolo in magistratura. La Cartabia prevede infatti che 《restano collocati fuori ruolo presso il ministero di appartenenza o presso l’Avvocatura dello Stato o presso altre amministrazioni, i magistrati amministrativi e contabili presso la presidenza del Consiglio》. E 《per un ulteriore periodo di tre anni non possono assumere incarichi direttivi e semidirettivi》. Adesso invece scrivono i leghisti Tilde Minasi, Antonino Salvatore Germanà, Manfredi Potenti, Claudio Borghi, Marco Dreosto: “Al comma quattro dell’articolo 20 della legge 17 giugno 2022 numero 71 (ovvero la legge Cartabia sul Consiglio superiore della magistratura) aggiungere infine il seguente periodo: ai medesimi incarichi assunti nell’anno 2022 presso le amministrazioni titolari di interventi previsti nel Pnrr si applica la disciplina vigente prima dell’entrata in vigore delle disposizioni di cui al primo periodo”.
Come andrà a finire? Andrà a segno anche questo “colpo di mano” in Parlamento? Le premesse, gira e rigira, ci sono tutte…
I.T.