«Veneto, Pittelli e Manna “smontati” come un trenino lego…»

L'intervento del presidente della Camera penale di Catanzaro Valerio Murgano, «vite distrutte, l'amministrazione della giustizia nel nostro distretto è stata fallimentare»

È il 28 gennaio quando il presidente della Camera penale di Catanzaro Valerio Murgano interviene nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Un intervento forte, proteso a quello che delinea, e auspica, come riequilibrio delle parti da un lato tra magistratura e attività forense e dall’altro, tutto interno alla magistratura stessa, tra uffici inquirenti e giudicanti.
Un dibattito non certo inedito su scala locale quanto nazionale che però stavolta trova (in più) nelle parole di Murgano nomi e cognomi di quelli che sarebbero, secondo la sua tesi, vere e proprie vittime di un circo al massacro: i colleghi Veneto, Pittelli e Manna «le loro sono vite distrutte dalla gogna mediatica».
«I valori sottesi al giusto processo di matrice costituzionale, nel nostro distretto più che altrove – esordisce Murgano – sono sottoposti a una sterilizzazione progressiva più volte denunciata (inutilmente) dalla Camera Penale di Catanzaro.
La Comunità dei penalisti è ben consapevole dell’irrinunciabile necessità che lo Stato difenda se stesso ed i propri cittadini dalla soffocante pervasività mafiosa, dalla diffusa propensione corruttiva nella politica e nella Pubblica Amministrazione, dalla criminalità comune; nondimeno, tali primari scopi di politica criminale debbono essere perseguiti in uno Stato di diritto, senza alterare gli equilibri costituzionali che regolano il cruciale rapporto tra potere coercitivo e diritti fondamentali della persona.
Nella prassi applicativa del nostro Distretto, però, in nome di un contrasto doveroso e legittimo alle diverse forme di criminalità, stiamo assistendo a una mutagenesi del diritto penale, trasformato da argine alla pretesa punitiva dello Stato a strumento di “lotta sociale”, con conseguente arretramento della storia della civiltà giuridica nel nostro territorio.
Dunque, “se” il contrasto alla criminalità è obiettivo condiviso, non più differibile è una chiara e netta presa di posizione da parte di tutti gli attori della giurisdizione che riguardi il “come” e con quali “effetti” concreti sulla vita dei cittadini ciò stia avvenendo.
Lo squilibrio interno alla giurisdizione – continua Murgano – continua a essere esteriorizzato dal rapporto quantitativo – non più tollerabile – tra il numero (elevato) di requirenti e il numero (esiguo) di giudicanti nelle Sezioni giudiziarie in cui si decide la libertà personale ed economica dei cittadini.
Il sistema illiberale della cd. “pesca a strascico”, ci costringe ad assistere oramai disarmati – in danno dei cittadini – all’abuso nell’applicazione e nel mantenimento delle misure cautelari, con ribaltamento ideologico e di sistema della presunzione di innocenza; un abuso costante, reso ancora più insopportabile dal circuito mediatico-giudiziario che si attiva nella fase, spesso spettacolare (con buona pace dei moniti europei), di esecuzione delle misure coercitive, producendo danni irreversibili sul piano umano, familiare, economico e sociale per i cittadini che le subiscono, oltre che costi insopportabili per lo Stato.
La dimensione del fenomeno in Calabria è attestata dal primato costante del numero degli errori giudiziari, rispetto ai quali i Distretti di Reggio Calabria e Catanzaro si posizionano, costantemente, in cima alle classifiche: Non basta certo differire la fissazione delle procedure risarcitorie al solo fine di produrre statistiche distorte; siamo perfettamente consapevoli dei numerosi errori giudiziari che si registrano nel nostro Distretto, dopo che l’umiliante privazione della libertà personale si è consumata nel tempo infinito dei maxi-processi.
Ancora emblematica dell’humus culturale in atto è la vicenda degli “appelli cautelari” emersa nello scorso mese di febbraio, nella quale l’Avvocatura ha appreso, accidentalmente, della illegittima corsia preferenziale riservata (con circolare interna!) alle impugnazioni del requirente; una prassi “esclusiva” del nostro Distretto, che in violazione del principio di legalità processuale per otto mesi ha sovvertito i criteri normativi fissati dal codice di rito, in una materia, quella cautelare, invece presidiata dal principio costituzionale del minor sacrificio possibile per la libertà personale; sebbene l’intervento immediato della Camere penale di Catanzaro abbia ristabilito la regola (almeno) della parità delle parti, rimangono indelebili “le stimmate” dell’idea del “Giudice di scopo” che è alla base dello squilibrio tra accusa e difesa.
Il sistema della prevenzione segna in Calabria più che altrove un trend sbilanciato sugli accenti autoritari che caratterizzano le c.d. misure praeter delictum, con effetti devastanti sul circuito del mercato legale; in tal modo si certifica la morte aziendale dell’imprenditoria “sana”, la quale si deve così esposta, da un lato alle intemperanze della criminalità e, dall’altro, alla incapacità dello Stato di tendere la mano per offrire concrete vie di uscita e programmi di bonifica dall’inquinamento mafioso».
Spazio poi ad un capitolo per certi aspetti inedito al grande pubblico, la gestione dell’aula bunker di Lamezia. «Ulteriormente emblematica – incalza l’avvocato Murgano – è l’intera “gestione” della vicenda legata all’Aula Bunker di Lamezia Terme, avente ad oggetto il presunto problema di sicurezza e di ordine pubblico che starebbe alla base dell’allontanamento fisico degli Avvocati dallo spazio antistante la sede giudiziaria; L’idea che l’Avvocato possa rappresentare un pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza collettiva, tanto da essere fisicamente allontanato dal luogo di celebrazione del processo, rappresenta plasticamente come il ruolo del difensore sia oggi avvertito più come un “ostacolo” che non come un attore indispensabile al corretto esercizio della giurisdizione.
La comunità dei penalisti intende lanciare con forza questo grido di allarme, nella convinzione che i principi costitutivi del nostro patto sociale e con essi gli argini della legalità costituzionale debbano essere riedificati. L’avvocatura non può e non vuole abdicare al ruolo di promotore delle istanze di giustizia e di garante dei diritti di libertà che provengono dalla collettività.
Abbiamo più volte rappresentato come l’abuso della custodia cautelare, delle misure di prevenzione e delle interdittive antimafia, in assenza di politiche di investimento socio-economiche, soprattutto nella nostra amata terra, finiscano per aumentare le disuguaglianze sociali e ingrossare le fila della criminalità organizzata.
Occorre allora prendere atto di una circostanza incontrovertibile, che attesta come l’amministrazione della Giustizia nel nostro Distretto è stata fallimentare: siamo tutti coscienti che la criminalità organizzata in Calabria non solo non è stata sconfitta, ma che addirittura può dirsi in preoccupante ascesa; ad essere “smontati” come un trenino lego, ad essere mortificati ed esposti ingiustamente alla gogna mediatica, siano stati avvocati di prestigio, quali Giancarlo Pittelli, Armando Veneto, Marcello Manna e non solo; magistrati dall’incommensurabile valore umano, morale e tecnico, quali il Presidente Valea, i Consiglieri Perri e Scuteri, sottoposti ad un esilio ingiusto nel silenzio assordante di tutti coloro che, nei vari ruoli, hanno avuto l’onore di lavorare al loro fianco.
Persone, famiglie, affetti, distrutti per sempre in nome di un malinteso senso di giustizia.
L’auspicio della Camera penale di Catanzaro è quello di riappropriarsi – al netto di preoccupati soggettivismi e ognuno nel proprio ruolo – di una coscienza sociale comune, capace di resistere al vento forte del populismo giudiziario che imperversa nel nostro distretto.
Concludo rammentando doverosamente l’opera meritoria di quella parte della magistratura del Distretto, che senza paura e in nome della tutela dei diritti degli individui e della legge, esercita il proprio ruolo con sacrificio, coraggio e abnegazione, in un momento drammatico quale quello che stiamo vivendo e in cui la fiducia dei cittadini nella “Giustizia” è ai minimi storici.
Non a caso abbiamo intitolato la scorsa inaugurazione dell’anno giudiziario dei penalisti Italiani che si è svolta a Catanzaro, “tutelare la libertà del Difensore per garantire l’indipendenza del Giudice”».
«Da parte sua l’avvocatura – conclude il presidente della Camera penale di Catanzaro – non perderà mai quella dignità di fondo che la rende una professione unica al mondo; perché come magistralmente ci ricorda il Prof. Tullio Padovani “è la professione del singolo contro il potere, dell’individuo contro l’autorità, del soggetto contro l’arbitrio».