di Eraldo Rizzuti
È ora che succede? Tutto illegittimo e persino illegale? E con i mattoni messi in piedi in questi anni sparsi in giro per la regione? E i progetti presentati e quelli in itinere fino a fine anno? E il prossimo fronte di illegalità quale sarà, l’ambiente reiteratamente sventrato nel frattempo da tutti i Comuni con il lasciapassare della Regione, nelle sue diverse forme dal 2010 fino ad oggi?
Se non è un terremoto di scala notevole, poco ci manca. Per ora potenziale, certo. Ma solo per chi non ha bene in mente di cosa si sta parlando perché giusto nel giorno di San Valentino la Consulta deposita una tremenda bocciatura (un’altra ancora) nei confronti del cosiddetto “Piano casa” della Regione Calabria, una specie di “Bibbia” che si riscrive a tappe dal 2010 e che ha che fare con tutta l’edilizia residenziale sociale pubblica in deroga ai Comuni che a loro volta, ignari e sostanzialmente ignoranti, hanno violato tutte le leggi possibili in materia di edilizia e difesa del territorio (che è prerogativa dello Stato).
Ma andiamo con ordine, ovviamente riconcedendo priorità alla cronaca che questo giornale ha per primo reso pubblica in Calabria.
La Corte Costituzione ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Calabria 7 luglio 2021, n. 23 sul Piano casa che prorogava di un anno, al 31 dicembre 2022 la norma che prevedeva «misure straordinarie a sostegno dell’attività edilizia finalizzata al miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale».
Ad avviso della Consulta, la disposizione impugnata «consente un’ulteriore proroga (la settima nell’arco di undici anni) del termine per la presentazione delle istanze per la realizzazione degli interventi di trasformazione edilizia previsti dalla legge regionale n. 21 del 2010. Sin dal titolo della legge, lo stesso legislatore calabrese – scrivono i giudici della Corte Costituzionale – aveva qualificato come ‘straordinarie” le misure adottate per fare fronte a tali esigenze. Viceversa, con il differimento del termine sono state ripetutamente ampliate le possibilità di realizzare interventi edilizi in deroga alla pianificazione urbanistica del territorio. Attraverso la prolungata successione delle proroghe, il legislatore calabrese ha in effetti stabilizzato irragionevolmente una disciplina di carattere derogatorio, introdotta nel 2010 per fare fronte a esigenze di carattere temporaneo».
I giudici ricordano anche che con sentenza n. 219 del 2021, la Corte «ha già dichiarato l’illegittimità costituzionale del precedente differimento del medesimo termine stabilito dall’art. 4, comma 1, lettera b), della legge reg. Calabria n. 10 del 2020. In questa pronuncia, si è affermato che «nel consentire i richiamati interventi edilizi in deroga alla pianificazione urbanistica per un tempo indefinito, per effetto delle reiterate proroghe’, le citate previsioni finiscono per danneggiare il territorio in tutte le sue connesse componenti e, primariamente, nel suo aspetto paesaggistico e ambientale, in violazione dell’art. 9 Cost. Tale lesione è resa più evidente dalla circostanza che, in questo lungo lasso di tempo, non si è ancora proceduto all’approvazione del piano paesaggistico regionale’. Le medesime considerazioni si attagliano alla disposizione impugnata nel presente giudizio».
Per i giudici, infatti, «anche in questo caso, la reiterata e potenzialmente indefinita successione delle proroghe di una disciplina di carattere derogatorio delle trasformazioni edilizie si pone in conflitto con la necessità di un’organica pianificazione, che è funzionale all’ordinato sviluppo del territorio e alle connesse e fondamentali esigenze di conservazione e promozione del paesaggio e dell’ambiente, presidiate dagli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione».
La Regione Calabria ha approvato il 7 luglio del 2022 la legge n. 24 sulle norme di rigenerazione urbana e territoriale, la riqualificazione e il riuso. Anche questa legge riporta l’ennesima modifica al piano casa, demolito giuridicamente.
La programmazione comunale ampia e pervasiva, con la solita premialità, sarà di difficile applicazione, per costi e difficoltà tecniche. Rimane, come al solito, il singolo intervento di manutenzione straordinaria e/o di demolizione.
Come al solito il consumo di suolo non è un consumo di suolo netto.
La riforma costituzionale del titolo quinto della costituzione del 2001 ha introdotto una ripartizione delle competenze tra stato e regioni che accresce notevolmente i poteri delle regioni.
La legge n. 3 del 2001 del titolo V della Costituzione ha modificato l’art. 117 e distingue, infatti, tre forme diverse di competenza legislativa.
L’art 3 della legge n.3/2001 ha modificato l’art 117 della costituzione, al punto s riporta che la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, sono materie di esclusiva competenza dello stato a cui spetta la potestà legislativa.
Questo la Regione Calabria non l’ha recepito, visto che legifera sull’ambiente e il territorio con norme in contrasto con le norme nazionali: piano casa, legge urbanistica, Qtrp. A breve ci aspettiamo un’altra bocciatura della Consulta del Quadro Territoriale Regionale Paesaggistico del 2016, in quanto i vincoli ambientali, contrastano e modificano i vincoli nazionali.
Alle Regioni, in base alla legge di modifica costituzionale n. 3/2001, sono attribuite competenze in tutte le materie non riservate alla legislazione dello Stato.
L’art 3 della legge n 3 del 2001 al punto “s” stabilisce che la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali sono di competenza dello stato e non riguardano materie concorrenziali con le regioni..
Il governo quando ritiene che una legge regionale ecceda le competenze delle Regioni, promuove la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte Costituzionale (cfr. art. 134,136) entro sessanta giorni dalla pubblicazione.
A parere dello scrivente, alla luce di quanto riportato nelle norme nazionali e della regione Calabria in materia, la legge regionale n. 134/08/2016 di approvazione del Quadro Territoriale Regionale Paesaggistico, ( strumento attraverso il quale la regione Calabria persegue l’attuazione delle politiche di Governo del Territorio e della tutela del Paesaggio) lede i criteri di riparto della potestà legislativa tra stato e regioni, ed invade la sfera delle competenze statale per violazione dell’art 117 della Costituzione. Sarà la prossima bocciatura, strettamente legata poi a quella di queste ore.
L’intervento della Corte Costituzionale sulla incostituzionalità delle proroghe al piano casa, dovrà essere esteso al QTRP perché, oltre ad essere una legge scritta male e di difficile comprensione e interpretazione, (Tomo IV), invade la sfera e stravolge le competenze statali.
Tutti i progetti e gli strumenti urbanistici approvati, alla luce di questa seconda bocciatura della Corte Costituzione e le norme che sono in palese contrasto con quelle nazionali. Che fine faranno?
Che succederà, visto che i vincoli ambientali del Qtrp regionale sono diversi da quelli nazionali?
I pareri sui piani urbanistici sono stati rilasciati nel rispetto della normativa nazionale:
La normativa Nazionale a partire dalla legge 8 agosto 1985, n. 431 Convertita in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, reca disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale. Integrazioni dell’articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616. Pubblicato in GU n.197 del 22-8-1985, in vigore dal 23/08/1985 . Nella sua versione vigente al 21-11-2017.
O nel rispetto della normative regionale :
Normativa Regionale (art. 25 IV TOMO, QTRP)
nel caso di corso d’acqua arginato, la fascia di rispetto di 10 m inizia dal piede esterno dell’argine maestro in assenza di questo la fascia di rispetto è di 20 m ad iniziare dal piede della sponda.
Mentre all’art. 26, tomo IV del QTRP si cita espressamente che il vincolo paesaggistico è solo un vincolo tutore soggetto ad autorizzazione, alla lettera c) dell’art. 3, comma 4, TOMO IV, QTRP, si riporta:
“I Fiumi, Torrenti e Corsi d’acqua iscritti negli elenchi di cui al R. D. n° 1775/1933 e le relative sponde o piedi degli argini, per una fascia di 150 m sono aree tutelate per legge ai sensi dell’articolo 134 lettera b) e ai sensi dell’art. 142 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e succ. mod. e int. (articolo così sostituito dall’articolo 12 del d.lgs. n. 157 del 2006, poi modificato dall’articolo 2 del d.lgs. n. 63 del 2008).
Per tali aree valgono le seguenti norme di tutela: che le fasce di rispetto non costruite dei corsi d’acqua, nelle aree non antropizzate e non urbanizzate al di fuori dei centri abitati così come definiti nell’articolo 11, siano mantenute inedificabili, fatte salve le opere infrastrutturali pubbliche o di pubblica incolumità, le opere connesse alla tutela della salute e della pubblica incolumità. Dal mattone illegale all’ambiente sventrato in modo abusivo, sarà un attimo.