Caso Conad a Catanzaro, “le cose” prima delle “persone”?

In attesa dell'udienza di merito del Tar prevista per l'8 marzo i giudici hanno “riaperto” il punto su corso Mazzini. Ma è polemica sui margini di sicurezza

Alimenti evidentemente a rischio deterioramento e attività commerciale che non può certo essere chiusa o sospesa da un giorno all’altro, per varie e tutte importanti ragioni non ultima quelle cosiddette occupazionali, gente da mandare a casa insomma. Un bel rinvio della palla in calcio d’angolo e se ne riparla in una udienza di merito l’8 marzo, per ora il punto Conad nel cuore di corso Mazzini e del salotto buono di Catanzaro riapre.
“Le cose” e le “persone”. Il Tar Calabria tira una riga al centro come nei più griffati film western di Sergio Leone e “congela” il duello finale. Quello tra le regole e le prescrizioni da un lato, e una concessione che comunque c’è stata dall’altro. Quello tra un chiarissimo piano regolatore che inibisce esercizi commerciali al dettaglio con superfici superiori ai 400 metri quadrati in zona A (corso Mazzini) da un lato, e una autorizzazione dirigenziale che nonostante tutto è stata siglata con un iter procedurale consiliare e amministrativo che ha conosciuto genesi sul finire dell’ultimo Abramo salvo poi trovare compimento all’alba di Fiorita. Chi e perché ha permesso questo?
“Le cose” che si muovono solo se le “persone” strizzano l’occhio. Il Tar decide di non decidere, è un classico, e la più viscida matassa alla catanzarese tiene il fiato sospeso ma naviga lo stesso con tutti i veleni possibili sotto i tavoli anche perché non è certo di poco conto il peso specifico dell’imprenditore che ne è in parte protagonista, in parte vittima, in parte spettatore. Chi e perché ha permesso questo?
Eppure le regole quelle solo e non da oggi. Architrave su tutto e tutti il piano regolatore, mai derogato o “stuprato” in materia. Che va a braccetto, manco a dirlo, con le norme antincendio e antisismiche. Anche qui questione di norme e prescrizioni. Con quasi 700 metri quadrati (il “nostro” ne ha tanti) le uscite di sicurezza in caso di incendio non possono essere inferiori a due aventi una larghezza minima di metri 1,20 (il locale interessato pare non ne abbia neanche una nel senso che pur volendo considerare l’ingresso dovrebbe aprirla verso l’esterno o rimanere sempre aperta). La “piaga” antisismica poi non è da meno in termini di “raccomandazioni”. L’armatura e la portata dei solai, originariamente realizzati per supportare una iniziativa commerciale per la vendita di abbigliamento, sono compatibili ora con i carichi notevolmente superiori in termini di peso e che agiscono sullo stesso suolo? Abiti da un lato, il passato, banchi frigo e pedane da mille chili a testa dall’altro, il presente.
“Persone” che le sanno bene queste “cose”. Non a caso nel provvedimento definitivo (ora sospeso cautelativamente dal Tar) con cui il 30 gennaio il Suap del Comune sostanzialmente annulla d’ufficio «in autotutela il provvedimento amministrativo, divieto di prosecuzione attività di media struttura di vendita» il tutto è abbastanza chiaro, ancorché in contraddizione con la precedente autorizzazione stessa. A tratti sconcertante nel passaggio in cui il Suap cita il Comando dei Vigili del Fuoco di Catanzaro…«la nuova attività potrebbe determinare un aggravio di rischio che renderebbe opportuno procedere con la presentazione di una nuova valutazione del progetto. Si comunica l’impossibilità di questo Comando provinciale di procedere con la vidimazione della Scia antincendio e si sottolinea opportunamente che l’effettivo esercizio dell’attività in questione è subordinato al corretto adempimento degli obblighi di legge…».
“Persone” prima delle “cose”. I Vigili fanno i vigili, senza aspettare per forza le fiamme. A proposito, se arrivano chi se le “carica” ora? Il Tar, nelle more e nel cuore “dell’incendio” di Catanzaro, intanto riapre. Le “cose” prima delle “persone”?

I.T.