L’ennesima rilevazione, quella di Centro Studi Crea Sanità, si aggiunge a tutte quelle che nelle scorse settimane hanno sottolineato lo stesso fenomeno: la Regione Calabria obbliga i calabresi ad andarsi a curare fuori regione. Cioè prescrive viaggi e sborsa tanti soldi – oltre 223 milioni di euro – per prestazioni che potrebbero essere rese in Calabria con qualità, con minori costi, e senza isagi familiari.
LGli unici che sembrano non rendersi conto di questa palmare evidenza (o se ne rendono conto ed intendono favorire il fenomeno della emigrazione sanitaria a vantaggio di altri soggetti) sono il Commissario Longo e, per quel che conta, il Presidente facente funzioni Spirlì.-
Non è sbagliato quel che ha detto ieri il presidente della sezione sanità di Unindustria per ciò che riguarda l’oculistica. Strutture di eccellenza che da decenni offrono cure, diagnosi e terapie oculistiche ai calabresi sono oggi ferme semplicemente per responsabilità degli uffici regionali e per la decisione incomprensibile (o comprensibilissima se si vuole pensare a qualche interesse da favorire) di ridurre i budget per l’oculistica e costringere i calabresi ad andarsi a curare in massa presso strutture – pubbliche o private – di Messina o di Napoli.
E, si badi, qui non è in discussione la questione annosa e stucchevole pubblico/privato. Qui è messo in ginocchio il servizio pubblico, quello che – indipendentemente dalla proprietà del soggetto erogatore – deve rendere la prestazione senza costi per il cittadino e con la medesima qualità ed i medesimi standard organizzativi e tecnologici.
Lo stesso discorso – criminogeno – vale per la PET.
Da anni si chiede che venga accreditata una PET a Cosenza, senza costi pubblici, in modo da consentire ai calabresi della provincia e a tutti quelli che ne hanno bisogno di usufruire di un presidio salvavita.
Ma l’ASP di Cosenza e la Regione attestano, irresponsabilmente che “non c’è fabbisogno” perché sarebbe coperto dalle macchine esistenti già nei presidi ospedalieri di Cosenza, Catanzaro e Reggio.
Poi però inchieste del servizio pubblico RAI, rilevazioni di agenzie indipendenti e perfino il Report annuale emesso dalla Regione Calabria, attestano con ipocrita preoccupazione adombrando finanche “comportamenti opportunistici”, che oltre il 60% (si è giusto, il sessanta per cento) delle prestazioni PET di cui hanno bisogno i calabresi, viene reso fuori regione a costi raddoppiati (si, avete letto bene, raddoppiati) rispetto a quanto costerebbe a Cosenza, con una macchina di ultima generazione e senza costringere i malati oncologici a viaggi e permanenze proprie e dei familiari, in altre città-
E’ difficile da capire? NO
Costa molto? No, anzi fa risparmiare la regione.
Ci vuole un investimento? No.
Ci vuole molto tempo? No, è tutto pronto.
Ma allora perché non si fa?
Longo, batta un colpo, altrimenti i colpi li sta dando sulle spalle dei malati calabresi.
Enzo Paolini