Revocato il sequestro dei beni a Sandro Principe

Sandro Principe

Il Tribunale di Reggio Calabria, su istanza dei difensori di Sandro Principe, ha disposto la revoca del sequestro preventivo delle somme di denaro ritenute profitto del reato di peculato ex art. 314 c.p., applicato dal Giudice per le indagini preliminari, su richiesta della Procura della Repubblica reggina.

La vicenda riguarda l’utilizzo dei fondi destinati al funzionamento dei gruppi consiliari in seno alla Regione Calabria, ritenuto illecito dai Sostituti Procuratori che si sono occupati delle indagini.

Proprio la assoluta carenza delle indagini, che avrebbero dovuto fornire dimostrazione dell’indebito utilizzo di quei fondi (dunque della loro appropriazione per fini privati), viene evidenziata dai Giudici del Collegio al fine di sottolineare l’impossibilità di farne derivare una appropriazione per finalità private.

In realtà, come purtroppo spesso accade, nella vicenda in esame è stata la difesa a dover dimostrare, tra l’altro utilizzando la stessa documentazione rinvenuta presso la sede del gruppo consiliare del Partito Democratico, di cui l’On. Principe era capogruppo, ed acquisita nel corso delle indagini preliminari, che non vi sia mai stato un utilizzo dei fondi per finalità private, men che meno una appropriazione di denaro pubblico.

V’è che, in realtà, l’intero impianto accusatorio è costruito su un equivoco macroscopico: l’impiego dei fondi – per ciò che concerne la posizione dell’On. Principe e di tutti i componenti del gruppo del partito democratico utilizzato esclusivamente per il pagamento di pasti, viaggi, soggiorni, servizi accessori di trasporto aventi tutti finalità istituzionali, per rimborsi di carburante, per consulenze e per l’acquisto di apparecchiature informatiche, spese tutte perfettamente in linea con i dettami della L.R. n. 13 del 2002 relativa proprio a struttura e finanziamento del Gruppi Consiliari – viene ritenuto illecito perché “duplicato”, ossia perché tale tipologia di spese sarebbe già ricompresa nelle indennità percepite da ciascun consigliere regionale.

Il Tribunale, dunque, ritenendo che tali tipologie di spesa non siano di per loro indicative del perseguimento di finalità private, uniformandosi a quanto stabilito anche dalla Suprema Corte di Cassazione, intervenuta sulla vicenda cautelare per altri imputati nel medesimo procedimento, ha sancito che il punto non sia stato adeguatamente sviluppato in fase investigativa e, di conseguenza, mancano i presupposti per poter applicare il provvedimento di sequestro preventivo. Ciò che manca è, in sintesi, il fumus della commissione del reato di peculato contestato e ciò in quanto, i fondi a disposizione del Partito Democratico in nessuna occasione sono stati utilizzati per attività svolte “a margine di sedute del consiglio regionale ovvero delle commissioni consiliari” – spese queste già rientranti nelle indennità percepite da ciascun consigliere –, ma esclusivamente per sostenere le (diverse) attività che i consiglieri si trovavano a dover espletare in rappresentanza dei gruppi consiliari e per il funzionamento di questi. Da qui, la assoluta mancanza di ogni presupposto idoneo sostenere la appropriazione di denaro pubblico da parte di Principe.

Del collegio difensivo di Principe fanno parte, unitamente all’avvocato Franco Sammarco, gli avvocati Anna Spada e Paolo Sammarco.