Mangialavori no, Montaruli sì: il caso diventa nazionale

La parlamentare piemontese di Fratelli d'Italia, condannata in Appello per peculato per una vicenda di rimborsi e spese contestate, diventa sottosegretario mentre il deputato calabrese di Forza Italia “paga” (da non indagato) il presunto coinvolgimento nell'inchiesta “Imponimento”...

Mangialavori no, Montaruli sì. Dice poco o niente l’accostamento, a parte il significato e cioè che ad uno è stato negato l’ingresso nel governo e all’altra, invece, è stato concesso. È il “signifiicante” però che fa la differenza. Infatti uno non entra perché (da non indagato) è “chiacchierato” anche e soprattutto mediaticamente nell’inchiesta della Dda “Imponimento” mentre l’altra, condannata in Appello a un anno e 7 mesi per peculato e rimborsi gonfiati, è diventata sottosegretario all’Università e alla Ricerca.

In Calabria basta il “profumo” di una indagine per star fuori da un governo mentre in Piemonte non è sufficiente neanche una condanna in Appello? Due pesi e due misure? Chissà. Certamente due partiti diversi, questo sì. E forse anche due “protezioni” differenti. Uno, l’escluso ma non indagato, come è noto è coordinatore regionale calabrese di Forza Italia mentre l’altra è in quota Fratelli d’Italia e, a quanto pare, fedelissima proprio di Giorgia Meloni.

Due cristalli Swarovski, una borsa Borbonese, storico marchio di moda torinese, tantissimi scontrini di ristoranti, pub e bar, scontrini “a catena”, battuti nello stesso locale nel giro di pochi minuti, oppure fatti quando lei, però, era altrove. Sono alcune delle spese per cui Augusta Montaruli, la nuova sottosegretaria all’Università e alla Ricerca in quota Fratelli d’Italia, è finita nell’inchiesta Rimborsopoli della Regione Piemonte, un procedimento per il quale nel dicembre 2021 è stata condannata in Appello a un anno e sette mesi di reclusione per peculato, aspetta ora la Cassazione.

Montaruli ha percorso tutta la trafila nelle file del partito di Giorgia Meloni. Nei primi anni Duemila, da liceale, è responsabile di Azione studentesca, organizzazione giovanile di Alleanza nazionale, e finisce per la prima volta sui giornali locali per una protesta contro il Festival del cinema gay. Entra in consiglio regionale con il Popolo della libertà nel 2010, quando il leghista Roberto Cota diventa presidente del Piemonte e come moltissimi altri consiglieri anche lei finisce nel mirino della Guardia di finanza per i rimborsi gonfiati.

Al termine dell’inchiesta la procura torinese le contesta spese gonfiate per 41.552 euro. Secondo le carte sono persino curiose le giustificazioni dell’allora consigliera: la borsa, ad esempio, era stata regalata come premio per un concorso contro la violenza sulle donne, mentre i cristalli e la cintura erano stati assegnati su sorteggio nel corso di un incontro elettorale nel periodo natalizio nell’ufficio di Barriera di Milano, alla periferia di Torino. In primo grado viene sostanzialmente creduta dai giudici, è in Appello che arriva la sorpresa, si fa per dire.

I pubblici ministeri rilanciano le loro accuse e la Corte d’Appello dà una valutazione diversa dal tribunale, così Montaruli viene condannata per peculato per essersi fatta rimborsare spese per un totale di 25mila euro circa: 20mila euro di bar e ristoranti, il corso per i social network, borse, Swarovski, libri. Nel novembre 2019 la Cassazione conferma l’impianto delle accuse, fatta eccezione per un dettaglio minore, ragione per cui ha ordinato un secondo processo in Corte d’Appello che il 14 dicembre 2021 ha confermato la condanna a un anno e sette mesi.

Non resta allora che la Cassazione tra il percorso d’innocenza della meloniana di Piemonte e la verità processuale ma nel frattempo ecco il suo ingresso nel governo di “Giorgia”. Nonostante una condanna in Appello.

Il caso, però, c’è tutto perché al netto delle non rintracciate fin qui motivazioni politiche per molto meno, ma molto ma molto meno (almeno sulla carta) Peppe Mangialavori è stato fatto fuori (soprattutto mediaticamente con genesi fuoco amico) da una postazione di governo. Un mai arrivato avviso di garanzia per un presunto coinvolgimento in una indagine della Dda.

In Piemonte valgono regole differenti? Due pesi e due misure? Chissà. Certamente due partiti diversi, questo sì. E pure due “protezioni”…

I.T.