Miozzo choc: anche l’arresto per i no vax

In un'intervista al Corriere della Sera il consulente della Regione Calabria (e della Sierra Leone...) considera non proprio rigide le sanzioni imposte da Draghi per chi non vuole vaccinarsi. E in un'altra intervista a “il Fatto Quotidiano” bacchetta complessivamente il governo: c'è il ritorno della politica rispetto a prima, mai consultato il Cts negli ultimi tempi. «Sulla scuola un disastro annunciato»

Agostino Miozzo “fuori tutta”, come si dice in gergo. Ma non certo “fuori onda”, al contrario semmai.
Il consulente di Roberto Occhiuto per l’emergenza Covid e la Protezione civile (e per il progetto vaccinazione in Sierra Leone…) “consuma” due interviste quasi contemporanee per prendere letteralmente a sberle Mario Draghi e il suo governo. Con un crescendo di decibel mediatico in termini di uscita tecnica e scientifica che è tutto un programma e che si consuma con la seconda di interviste in ordine di tempo, quella concessa al “Corriere della Sera”. «La convince la multa da 100 euro per gli over 50 che violano l’obbligo vaccinale?» chiede il Corsera. «Lo chiede a me? Io metterei l’obbligo assoluto totale. Nell’emergenza in cui siamo non ci è permesso essere democratici. Tutti abbiamo parlato di guerra. E in guerra decide il comandante. E si prende le responsabilità». E fin qui siamo alla teoresi, allo schema primordiale del rigore. Il Corsera poi va più a fondo. «Quale sanzione prevederebbe per chi non si vaccina?» Risposta: «Anche l’arresto».
Motivandolo così, «perché grazie a chi vuole correre pericoli, e li fa correre agli altri, ci sono morti. Molti finiscono nelle terapie intensiva, dove un giorno di ricovero costa 1.500 euro. C’è chi ci rimane 20 giorni. Si può partire da lì” ossia “una sanzione equivalente a un giorno di terapia intensiva non sarebbe sbagliato”».
Ma se il “botto” l’ex componente del Cts, ex braccio destro di Bertolaso e pupillo di Conte lo ha conservato per il Corsera non meno tenero con il governo Draghi è stato qualche ora prima con “il Fatto Quotidiano”. «Il dibattito scientifico è stato sostituito da analisi politiche. Le ultime decisioni sono state adottate senza la testimonianza di una riunione del Cts. Allora non ha più ragione di esistere? Non serve più?». «Inizialmente il Cts si riuniva quasi tutti i giorni. Ora siamo in emergenza e l’ultima riunione risale al 29 dicembre», spiega Miozzo. «Mi dispiace che non ci sia più un parere forte e autorevole da parte dell’istituzione che nei due anni passati ha gestito l’emergenza con il governo».
«Il dibattito scientifico è stato sostituito da analisi politiche. Forse è anche giusto che sia così. Però un parere scientifico sull’obbligo vaccinale, per decidere se fissare il limite a 50 anni piuttosto che a 40 anni, io forse l’avrei chiesto. L’obbligo vaccinale solo per gli over 50 mi sembra poco. E il 15 febbraio mi sembra troppo tardi, avrei fatto la fine del mese».
«C’è molta più politica rispetto al verbo scientifico. E’ una constatazione: ormai per il governo è sufficiente sentire i dati dell’Istituto superiore di sanità per prendere delle decisioni. Come è già avvenuto. La percezione è che la politica prevalga sull’indicazione scientifica. In questo momento le condizioni sono chiare, abbiamo i dati delle terapie intensive, abbiamo l’occupazione degli ospedali. La percezione è che gli elementi per prendere delle decisioni politiche ci siano tutti, ma è pur sempre importante avere delle “limature” scientifiche».
«Faccio parte di quella categoria di esperti – continua ancora Miozzo a “il Fatto Quotidiano” – che dice che le emergenze non possono mai avere una gestione che accontenta tutti. In questo caso, però, abbiamo il 90% della popolazione vaccinata. Possiamo essere condizionati dal 10%? Io questo lo trovo imbarazzante. Dobbiamo raggiungere la copertura vaccinale il più presto possibile e il più radicale possibile. Invece l’obbligo vaccinale sul posto di lavoro entrerà in vigore il 15 di febbraio, quando avremo finito l’ondata di Omicron».
E poi un passaggio sulla scuola, la tanto attesa e temuta riapertura delle scuole. «Quello sulla scuola è un disastro annunciato. E con disastro mi riferisco al ritorno alla didattica a distanza. Ho la sensazione che si stia sempre rincorrendo l’emergenza. Cosa si deve fare oggi per dopodomani? Io allargo le braccia, viviamo alla giornata. Sono cresciuto in Protezione civile, dove il mantra è la prevenzione. Se si vuole ridurre la vulnerabilità di una popolazione, lo si deve fare in tempo di pace. Altrimenti, quando arriva l’emergenza non si può fare altro che pregare».

P.W.