Due Dca sostanzialmente annullati (nelle parti in cui disegnano erroneamente i tetti di spesa per prestazioni cosiddette Apa e Pac) e un paio di sberle in pieno viso, ovviamente tratte dal gergo tecnico del linguaggio arido tipico del Tar.
Non male la giornataccia del commissario Longo al cospetto del Tribunale amministrativo regionale. Che in formulazione per certi aspetti irrituale “annota”, nella stessa sentenza, che di fatto il commissario non legge bene (e quindi non comprende) correttamente le sentenze del Consiglio di Stato mentre, nel frattempo, con il suo incedere e con i suoi Dca «aggrava il rischio di mobilità passiva».
Peggio di così, o meglio di così dipende sempre dai punti di vista, non è facile chiedere al più gelido dei tribunali sparsi in giro, quello amministrativo appunto.
Sul “banco” il ricorso contro la rimodulazione dei tetti di spesa e d’acquisto delle Asp a proposito delle prestazioni cosiddette Apa (accorpamenti di prestazioni ambulatoriali) e Pac (pacchetti ambulatoriali complessi).
Con il Dca 49 la struttura commissariale fissa in euro 186.513.000 il budget per l’assistenza ospedaliera, includendo però 11.368.754 euro di costi per prestazioni Apa e Pac. E con il Dca 50 fissa in euro 66.754.000 il budget per la specialistica ambulatoriale esonerandolo però, «disensandolo dal costo di Apa e Pac».
Fuori dal tecnicismo e dall’aridità della sanità fatta solo di cifre, Longo ad un certo punto lascia intatti i budget tra assistenza ospedaliera e specialistica ambulatoriale ma ai primi dice di accollarsi nello stesso budget il costo dell’erogazione delle prestazioni Apa e Pac (poco più di 11 milioni) mentre ai secondi consente pure di erogarle al “netto”, cioè in attivo, ovviamente in extra budget. Come dire che l’assistenza ospedaliera paga per tutti e sul proprio conto corrente le prestazioni Apa e Pac mentre la specialistica ambulatoriale va alla cassa, all’incasso. L’assistenza ospedaliera “invita tutti a cena” e la specialistica ambulatoriale si fa poi invece “pagare il conto”.
Il Tar, naturalmente, non ci sta e sposa la tesi dei ricorrenti. Perché «lo spostamento del costo delle prestazioni Apa e Pac dalla specialistica ambulatoriale alla specialistica ospedaliera contrasta con gli indirizzi della programmazione regionale dettati dal P.O. 2019-2021, che è atto presupposto e vincolante e che non può essere disapplicato in sede di fissazione dei budget annuali». E perché, giustappunto, «il P.O. aveva determinato rispettivamente in euro 186.513.000 e in euro 66.754.000 i limiti massimi di finanziamento dell’assistenza ospedaliera e della specialistica ambulatoriale private, limiti esattamente tradotti dal Commissario ad acta nei budget assegnati per l’anno 2021 con i Dca 49 e 50, ma indicando espressamente il valore assegnato alla specialistica ambulatoriale come comprensivo delle prestazioni Apa e Pac. Dunque, poiché il correlato stanziamento di euro 66.754.000 teneva conto delle prestazioni Apa e Pac, queste avrebbero dovuto gravare sulla specialistica ambulatoriale e non sull’assistenza ospedaliera».
È il gioco delle tre carte, quello tentato da Longo. Si lasciano intatti i tetti di spesa e i budget (tra assistenza ospedaliera e ambulatoriale) ma si sposta solo “l’asso di bastoni”. Il costo delle prestazioni Apa e Pac. Prima sul conto corrente degli ambulatori e poi, questo il tentativo di Longo, su quello della ospedalità. Insomma vola giggino, vola giggetto. Ovviamente contravvenendo all’obbligo di legge che è appunto il rispetto del Piano operativo 2019-2021 che invece stabilisce che a parità di budget e di tetti di spesa è a carico della specialistica ambulatoriale che debbono restare le prestazioni Apa e Pac. Ballano insomma più di 11 milioni che Longo ha tentato di far “piangere” alle ospedalità esonerando invece dalla “cambiale” la specialistica ambulatoriale. Perché poi ci ha provato, o perché ci hanno provato in due con il dg Brancati, è magari materia di altro approfondimento. Il Tar di fatto si ferma alle “sberle” (che non sono poche) contenute già in questa sentenza. Aggiungendo, semmai, due “perle”. La prima ha a che fare con l’italiano e la sua comprensione, «occorre chiarire, per completezza, che ad avviso del Collegio non è corretta neppure la lettura offerta dall’organo commissariale delle sentenze del Consiglio di Stato che non ha statuito l’illegittimità dell’inserimento delle prestazioni Apa e Pac nel settore della specialistica ambulatoriale bensì ha ritenuto che detta inclusione fosse legittima, ma che, illegittimamente, non fossero state previste specifiche risorse per la loro remunerazione». Come dire, Longo sposta costi da una parte all’altra invece di aggiungerne, di quattrini nuovi, senza togliere niente a nessuno. E la seconda, di sberla, quando sottilinea che con questi Dca (ora annullati) si è «aggravato il rischio di mobilità passiva» perché a budget esaurito l’assistenza ospedaliera non eroga più Apa e Pac in regime di convenzione a meno che, per rientrare nel tetto di spesa, non sacrifichi qualche altra tipologia di prestazione. Perché la coperta quella è, corta. Resa ancora più corta, se non tagliata del tutto, dai Dca di Longo (49 e 50) che ora il Tar ha annullato. Dca che hanno spostato il “conto” della cena solo da una parte, quello dell’assistenza ospedaliera.
Difficile ora che si metta mano a nuovi contratti tra le Asp e le strutture private, stante questa sentenza. Anche perché andrebbero ridisegnati i tetti di spesa e i budget e questo difficilmente avverrà, quantomeno non in tempi rapidi. Ecco perché l’Aiop (associazione dell’ospedalità privata) rappresentata dall’avvocato Enzo Paolini da quanto si apprende sarebbe orientata a consigliare alle strutture fin qui penalizzate di erogare in potenziale extrabudget prestazioni di Apa e Pac. Come fosse loro assegnata quella cifra di 11.368.754 che invece Longo ha provato a “sottrarre”. Chissà perchè, poi…
I.T.