Non è solo il giorno dei grandi numeri. Delle forze che si dispongono, d’attacco e di difesa. Delle vagonate di carte e di cronisti a immortalare ancora il niente in aula (“Rinascita Scott” come processo ancora non c’è né potrebbe esserci). E non è nemmeno il giorno dei titoloni dei giornali griffati e dalla narrazione editorialmente e volutamente massiva, e quindi negativa della Calabria. È il giorno di Nicola Gratteri, soprattutto. E dell’aula bunker d’ultima generazione tutta calabrese, e impiantata in Calabria, che secondo il procuratore capo di Catanzaro è significante e significato di un bel po’ di cose messe assieme. Messaggi più o meno subliminali inviati alla “gente di Calabria” che valgono quanto pesano.
«Questo processo è importante per tanti aspetti – commenta Gratteri -. L’essere riusciti a celebrare qui il dibattimento vuol dire che i calabresi non sono il popolo delle incompiute e che quando ci si siede allo stesso tavolo e si è tutti dalla stessa parte è possibile realizzare opere complete dove si realizza una grande efficienza».
«Questa è un’aula bunker – continua ancora – attrezzata in base alle normative anti Covid. C’è il massimo della tecnologia disponibile, c’è la possibilità di fare 150 videocollegamenti in contemporanea e può contenere oltre 1000 persone a distanza di sicurezza contro il Covid». Poi c’è la paternità di Calabria, l’orgoglio del giudizio nella terra del (presunto) delitto. «È importante che il processo si celebri in Calabria dove è avvenuta, dal nostro punto di vista, la commissione dei reati. È un segnale anche perché la gente deve e può capire, senza alibi per nessuno, che si può fidare di noi, che possiamo dare delle risposte». Già, la fiducia. È un concetto che Gratteri reitera spesso. «Negli ultimi anni c’è stato un grande avvicinamento delle persone che hanno denunciato. È fondamentale avere voluto e ottenuto di fare questo processo in Calabria. Dal giorno successivo agli arresti abbiamo cominciato a fare richieste al ministero per avere un’aula bunker, una struttura adeguata e ideonea all’importanza della Calabria e dei calabresi perché dobbiamo dimostrare di essere capaci ed efficienti».
La ‘ndrangheta di peso alla sbarra, per un giorno e fosse pure il primo e ultimo, può attendere. Questo è a tutti gli effetti il “processo” del pm capo di Catanzaro e non a caso i grandi media non sono avari di pagine e titoli. Ed è anche, se non soprattutto, il giorno “dell’infrastruttura” (l’aula bunker) che si fa simbolo di efficienza e diventa motivazionale.
Ed eccola la narrazione al contrario che può passare, di tanto in tanto. «Narrazione negativa della Calabria? Per me è importante che ognuno faccia bene il proprio lavoro e che narriamo la realtà senza edulcorarla».
m.m.