«I pezzi da novanta del “Sistema” hanno impedito a Gratteri di diventare ministro…»

A poche ore dall'uscita del libro-intervista Luca Palamara concede alcune anticipazioni a “il Riformista”. Dalla genesi dell'inchiesta Consip con uomini di vertice della procura di Roma negli uffici della procura di Napoli («qui arriviamo a Renzi», confessa De Caprio...) alla grande nomina mancata per il procuratore di Catanzaro. «Aveva avuto carta bianca da Renzi per rivoluzionare la giustizia italiana, poi i grandi poteri nella magistratura hanno assediato il Quirinale...». «Anche Pignatone ha fatto arrivare segnali di non gradimento a Napolitano...»

È la “madre” di tutte le ombre. Il “padre” delle domande senza risposte. La “progenie” di qualcosa di grosso che non torna e che ha tutta l’aria, da sempre, d’essere centrale per il Paese (e per la Calabria…). Ma perché Nicola Gratteri non è diventato ministro della Giustizia? Perché viene convocato di gran carriera a Roma e il giorno della firma dei ministri al Quirinale (siamo nel febbraio del 2014) il suo telefono d’improvviso non squilla più? E perché Giorgio Napolitano quella porta per lui non l’ha mai aperta?
Ci pensa Luca Palamara a “soffiare” sulle nebbie, e suol fuoco. Non uno qualsiasi, sia ben chiaro. Ma il dominus del “traffico” delle correnti, il “vigile” delle trattative e delle trame all’interno della magistratura. Un nome una garanzia, si diceva un tempo. Certo non uno che necessita di presentazioni.
Tra poche ore in distribuzione il libro intervista di Alessandro Sallusti che si “corica” con Palamara sul lettino della psicoanalisi del Paese recente. “Il Sistema”, il titolo del libro intervista in uscita e il quotidiano “il Riformista” ospita nell’ultima edizione alcune anticipazioni. Già, il “Sistema”. Perché proprio il “Sistema”, secondo Luca Palamara, ha bloccato Gratteri sull’uscio di quella porta al Quirinale che non s’è mai aperta senza che però il procuratore di Catanzaro ne uscisse ammaccato sul piano professionale e mediatico, «è il più sveglio di tutti, non vedendo quella porta aprirsi aveva intuito tutto…». Ma allora, che sarà mai successo? «Renzi aveva dato carta bianca a Gratteri per riformare tutta la giustizia – confessa Palamara e peraltro è questa la stessa ammissione di Gratteri intervistato un anno da Floris -. La cosa si seppe in giro però – continua Palamara -. Roma è sì tanto grande ma certe notizie girano veloci come in un borgo. Poteva un “Sistema” che aveva combattuto e vinto la guerra con Berlusconi e le sue armate farsi mettere i piedi in testa da Matteo Renzi e da un collega, molto bravo ma anche molto autonomo, fuori dalle correnti e per di più intenzionato a fare rivoluzioni?». La risposta è nella stessa autodomanda e quindi nella retorica consolidata. Certo che no. «E infatti non era possibile. Si muovono i pezzi da novanta del “Sistema”, il Quirinale è preso d’assalto dai procuratori più importanti – lo stesso Pignatone mi confiderà di aver avuto in quelle ore contatti – e dai capicorrente. Napolitano prende atto che la cosa non si poteva fare – rivela Palamara -. Renzi, che come si vedrà non aveva capito che razza di potere ha la magistratura, testardo sale al Colle lo stesso con quel nome. Dico questo non in base a supposizioni, ma per i numerosi contatti che ho avuto in quelle ore. Gratteri, che è il più sveglio di tutti, non vedendo la porta di Napolitano aprirsi nei tempi dovuti capisce al volo. Successivamente avrò conferma dai diretti interessati – continua Luca Palamara – che il mondo della magistratura, tra cui il procuratore Pignatone, ha fatto arrivare al presidente Napolitano un segnale di non gradimento nei confronti di Nicola Gratteri…».
Non gradimento (anche) da parte di Pignatone, che è a capo della procura di Roma.
Poco più di un anno dopo, siamo nell’aprile del 2015, Renzi è nel pieno della sua scalata e non sa però che da qualche parte, secondo le ricostruzioni di Palamara, si sta disegnando anche la sua probabile discesa (non solo politica). Nell’ufficio del procuratore di Modena piombano due ufficiali dei carabinieri su delega del procuratore di Napoli Woodcock. Uno dei due è proprio lui, Sergio De Caprio, attuale dominus della delega all’Ambiente della Regione Calabria (su incarico di Jole Santelli) ma per anni astuto investigatore di procure e più noto, al grande pubblico, per aver messo le manette ai polsi a Totò Riina. È anche De Caprio a consegnare faldoni dal peso incalcolabile con intercettazioni dentro. È la genesi dell’inchiesta Consip, quella prevalentemente contro il “Giglio magico” di Renzi. Si indaga, “Cpl Concordia”, il fascicolo, sulla fornitura di metano nell’isola di Ischia. Ad un certo punto De Caprio, il capitano “Ultimo”, confessa alla procuratrice di Modena (competente perché coinvolte coop dell’Emilia) «questa è una bomba, si arriverà a Renzi…».
De Caprio sa, almeno un anno prima, che si arriverà a Renzi se solo si sa maneggiare con cura la “bomba”. Che poi diventa fascicolo nel dicembre del 2016. È in quel periodo che si apre l’inchiesta Consip. Viene interrogato il manager Marroni ma nella stanza con Woodcock c’è qualcuno che sulla carta non dovrebbe esserci, sempre secondo Palamara. C’è Paolo Ielo, «braccio destro di Pignatone». Ma che ci fa una figura di vertice di una procura nell’ufficio di un’altra procura al momento dello “start” dell’inchiesta che, di fatto, prova a detronizzare il pianeta Renzi?
I segreti di Palamara non finiscono mai…

do.ma.