È il 31 luglio dello scorso anno e sembra un disco mitico degli “Squallor”, «faceva molto caldo…». Sebi Romeo finisce ai domiciliari e per alcune ore il mestolo impastato del calderone mediatico lo dà formalmente dentro gli imbarazzi della cosca Libri. Un punto di non ritorno per un certo Pd di Calabria, alle prese con la mission di Oddati e Graziano e cioè quella di aprire a tutti i costi “altra pagina” rispetto a quella della regnanza Oliverio. Camicie sudate, bestemmie, nervi a mille…
Nicola Oddati, che ricordo ha di quei giorni bollenti per il Pd calabrese?
«È stata una vicenda difficile, politicamente ma anche sul piano umano. Avrei voluto meno conflitti e meno lacerazioni ma spero mi si riconosca di aver agito sempre in maniera chiara e diretta».
Sì però quegli arresti in qualche modo hanno pure “agevolato” il vostro progetto di voltare pagina, pochi giorni dopo in una riunione drammatica a Lamezia viene imposto il il cambio di passo con Oliverio non più candidabile e per giunta niente primarie. Rifarebbe e rivivrebbe tutto a quel modo?
«Per me gli arresti domiciliari di Sebi Romeo sono stati un colpo, anche sul piano personale. Si era instaurato un rapporto di amicizia e di stima personale tra noi, che è restato saldo in questi mesi difficili. Sono davvero contento dell’esito e delle motivazioni della vicenda giudiziaria, gli rendono giustizia. Purtroppo il suo arresto ha fatto precipitare la situazione, che forse avremmo potuto gestire con maggiore tranquillità. Però la strada del rinnovamento era tracciata. Irrimediabilmente tracciata».
Senta però la narrazione classica di quei giorni recita che Romeo fosse tra gli ultimi baluardi a difesa di Oliverio, perlomeno in consiglio regionale. Tanto più da capogruppo. E che magari anche per questo poi la sua vicenda giudiziaria è stata strumentalizzata da chi voleva il “cambio”. Questa la “foto” corretta di quei giorni?
«Guardi, Sebi Romeo ha avuto lealtà nei confronti di Oliverio ma è anche un dirigente politico. Non possiamo sapere cosa sarebbe accaduto se le cose fossero andate diversamente… ».
Mi sta dicendo che prima del suo arresto domiciliare Romeo aveva lasciato intendere, a voi, di voler collaborare con il partito per superare Oliverio puntando su di un altro nome? Anche lui voleva “voltare pagina”?
«Non spetta a me dire cosa avesse in mente Romeo o cosa aveva o non aveva comunicato. Se e quando vorrà lo dirà lui. Io so solo, lo ripeto per l’ennesima volta, che la decisione della segreteria nazionale su Oliverio non sarebbe cambiata. Mai. Forse i tempi, le modalità. Ma non l’esito finale della vicenda. Certo con Sebi c’era un gran bel rapporto tra noi, anche prima della sciagura giudiziaria…».
Cosa significava avere in quel momento Romeo dalla “vostra parte”, la parte di un Pd che puntava solo ad andare oltre Oliverio?
«Sebi è una risorsa. Ha capacità politiche, organizzative, di ascolto e mediazione. Fa la differenza averlo o non averlo. Sarà di grande aiuto, se lo vorrà».
Le motivazioni della Cassazione (sprezzanti nei confronti della procura così come lo sono state quelle a proposito di Oliverio) non ce la faranno mai a riscrivere pagine politiche. Ve ne sono tante altre secondo lei, da riscrivere, in merito a quella stagione?
«Non lo so. Oggettivamente Romeo è stato penalizzato sul piano personale, innanzitutto, e politico poi. Però succede. È terribile doverlo ammettere ma succede. E bisogna evere lo stesso fiducia nella magistratura».
Oggi riabbracciate Romeo, lei e Graziano. Ma è ancora convinto che un partito come il Pd debba sospendere un iscritto quando si è appena dentro le indagini preliminari?
«Quanso Sebi è stato sospeso era agli arresti e l’inchiesta sembrava riguardare fatti della cosca Libri. Lo imponeva il codice etico sospendere Romeo. Poi quando è stata stalciata l’aggravante mafiosa io stesso ho rilasciato dichiarazioni in cui precisavo e dicevo che mi sembravano eccessive le misure cautelari. E anche che ero molto fiducioso sul fatto che avrebbe dimostrato la sua estraneità ai fatti contestati. Le dico anche che Romeo avrebbe potuto chiedere la fine della sospensione dal Pd appena terminata la custodia in casa e io l’ho spinto a farlo. È stato lui a voler attendere il pronunciamento della Cassazione. Questo gli fa ancora più onore».
Si aspettava una sconfitta così netta ma anche così incolore e indolore di Pippo Callipo? C’è stato un nomento in cui la vostra “regnanza” ha avuto come obiettivo anche quello di poter vincere le elezioni e non solo quello di ridisegnare nuovi equilibri interni al partito?
«Avvertivamo l’esigenza di aprire una nuova fase. Alla fine voglio ricordare che anche le forze che avevano sostenuto la ricandidatura di Oliverio hanno deciso di appoggiare Callipo e hanno espresso candidature. Mi sono giustamente speso, assieme a Graziano, per recuperare alla battaglia elettorale tutti. Ora abbiamo davanti altri obiettivi, innanzitutto fare un’opposizione seria e rigorosa alla giunta Santelli e ricostruire un partito unito e forte. E giovane…».
I.T.