All’esito dell’ennesima riunione con tale Rauti al posto del vicepresidente Spirlì anche Jole Santelli avrebbe lasciato a casa il suo classico, e fin qui provvidenziale, aplomb. Anche affettivo. E avrebbe fatto poco per contenere invettive non tutte traducibili nei confronti dell’amico Nino, che non c’è quasi mai in Cittadella. Quando c’è da far legna nelle fumose e noiose riunioni di Palazzo marca visita e invece c’è praticamente sempre quando si tratta di farsi prendere a sberle dalla stampa nazionale. E non solo per le adunate simil hard immortalate dallo spionaggio fintamente ludico di D’Agostino. Attorno a Nino Spirlì si muove un’attenzione non comune della spampa nazionale e c’è da dire che il protagonista fa poco, o nulla, per farne a meno. Fino a rischiare il controcanto, “l’oscuramento” in negativo rispetto a quanto prodotto quotidianamente proprio da Jole Santelli che al confronto con la stagione di Mario Oliverio sta sul pulpito nazionale 10 a 1 (dove quell’1 era solo e soltanto dipinto in negativo). Non a caso più d’uno si continua a chiedere fuori e dentro la Cittadella quanto la governatrice possa consentirsi un controcanto così “rischioso”, anche perfidamente rischioso come l’affronto “decandente” del vicepresidente della giunta nei confronti del politburo vaticanizio e papale. Per certi aspetti, e non per forza in positivo, memorabile Spirlì ritratto su “il Giornale” (con post poi successivamente cancellato) con Salvini crociato che assieme a Gesù avrebbero dato la caccia a Papa Francesco. “Il Papa ha perso le elezioni”, un pezzo proprio del vicepresidente Nino pubblicato sul giornale diretto da Sallusti. Descrivendo le “sacre stanze” del Vaticano abitate da «tinose fruscianti tonache di seta porpora che volano ancora sciamando come pipistrelli insanguinati». E poi ancora, «la vittoria di Matteo Salvini era così tangibile, così vera, quasi quanto lo è la Resurrezione del Figlio di Dio». E dopo aver dipinto Salvini come il nuovo Messia (malgrado Salvini stesso…) Spirlì lancia la crociata persino contro il Papa «che porta solo il nome di un santo»: «Pentitevi, inchinatevi, anche tu fratello Papa davanti alla scelta della Gente d’Italia… ». Fin qui Santelli, al netto del tasso adrenalico e probabilmente anche provocatoriamente alcolemico del “nostro”, ha lasciato correre ma negli ultimi tempi ha iniziato a mostrare una discreta irritazione anche e soprattutto perché lei, al contrario, fa di tutto per mantenere un profilo austero e positivamente istituzionale. Ma tra le assenze (e Rauti sistematicamente al suo posto) e qualche “schizzo” che riemerge della Dda di Reggio il clima s’è fatto più pesante negli ultimi giorni. E non è difficile rintracciare la “riemersione” delle carte della procura antimafia dello Stretto, vidimate poi dal gip, a proposito del derby tra i canili, uno a Taurianova e l’altro a Sant’Ilario sullo Jonio. Ci sono i quattrini dell’appalto provinciale da acchiappare ma il canile per qui “tifa” Spirlì, quello di Taurianova, non è messo bene nei confronti “dell’avversario” di Sant’Ilario. Parte così una campagna di delegittimazione nei confronti dell’altro canile che Spirlì, intercettato ma mai indagato, non fa mistero di essere in grado di veicolare fino a “Striscia la notizia”. È al telefono con il proprietario del canile di Taurianova, Spirlì. E gli consiglia la strategia mediatica nazionale per delegittimare il competitor. La storia, tra animali da custodire, non è dato sapere come è andata poi a finire mentre è invece nota la vicenda giudiziaria che ha portato all’arresto, su richiesta della Dda di Reggio, proprio del titolare del canile per cui Spirlì “tifava”, quello di Taurianova. E che non siano giorni o mesi semplici per la Lega di Calabria lo si intuisce dal gran silenzio del “capo” e dal malumore stratificato in tutte le province da parte di chi ha aderito in tempi non sospetti al progetto “primordiale”. Quelli che c’erano prima del potere, per intenderci. Oggi fuori dal gioco e dalle prospettive. Il gran disagio della Lega lo si intuisce un po’ meno, invece, dalle incursioni in Calabria del segretario Invernizzi in tempo di Covid. Tutto fuorché mettere ordine nelle contrade di provincia, al netto della fedelissima Minasi che non manca mai di contattare. Contrade in rivolta, che minacciano senza troppi prefissi telefonici di andare via dal Carroccio. Dal commissariamento alla segreteria vera e propria la Lega in Calabria s-banda e da più parti Invernizzi viene tirato per la corposa giacchetta che si porta appresso.
È giovedì 14 maggio e il capellone della Bergamasca piomba tra il Pollino e lo Stretto ma non è dato sapere se per sistemare e mettere in ordine le irrazionalità del partito. Quel che appare certo, anche se il condizionale è più che d’obbligo in tempo pandemico, è che è venuto anche (se non soprattutto) per sistemare partite e pratiche interne. Tutte interne al potere che c’è e a quello che sta in panchina. Qualcuno giura di averlo intravisto lungo lo Jonio alle prese con un incontro come minimo imbarazzante. Roba da stropicciarsi gli occhi. E lì a sbirciare su google eventuali e improbabili somiglianze, chissà che magari con gli anni si cambi fisionomia. Magari è la “fase 2” però. Dopo tanti giorni rintanati in casa è facile mandare fuori giri le visioni..
I.T.