È la numero 177, depositata proprio il 24 aprile in 2 commissioni del consiglio regionale. La prima e la seconda, per l’esattezza. Per l’esame di merito e per il parere. La firmano praticamente tutti i consiglieri che non hanno il centrosinistra sulla maglietta. Caputo, Gentile, De Francesco, Mannarino, Molinaro, Straface, Graziano e Gallo. “Istituzione del nuovo Comune derivante dalla fusione dei Comuni di Cosenza, Rende e Castrolibero” recita l’epigrafe. E hai detto niente. O forse hai detto tutto.
Come il sesso degli angeli, oppure se è nato prima l’uovo o la gallina. L’area urbana di Cosenza insegue la diaspora etnica e sociologica sul Comune unico allo stesso modo in cui avviene sostanzialmente il contrario. Se ne parla, se ne deve parlare perché fa periodicamente tendenza. E naturalmente non s’ha da fare anche perché poi di fatto il perimetro di anime si unisce lo stesso e da solo e non da oggi. E senza barriere né confini. Tutto nella norma, tutto come sempre, tutto colorato di grigio come è solito lungo il Crati. Finché però la musica non cambia di brutto e si mette male. Molto male. Come un conto salato che arriva inesorabile. Lungo il Crati per un verso e oltre il Campagnano per un altro, più inquietante. Palazzo dei Bruzi rischia il collasso finanziario, la bancarotta perché nei cassetti la nuova regnanza trova tante di quelle “cambiali” e di quegli zeri con il meno davanti che se fosse un’azienda privata non potrebbe far altro che portare i libri in tribunale. E Rende è a 2 passi, dicasi 2, dallo scioglimento per infiltrazioni mafiose. Rende che non è Cassano, non è Amantea, non è Scalea, non è nemmeno Corigliano prima della città unica con Rossano.
Più di 2mila allegati e più di 500 pagine di relazione dei commissari inviati al prefetto e da qui, tra poco, al ministro degli Interni. Cosa c’è dentro? Che scenari si individuano? Si riempiono tutte queste pagine di illazioni o di fatti concreti? Quanto è entrata, se è entrata e con fattura, la ‘ndrangheta nel municipio di Rende? Il comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica ne ha discusso già, anche se la relazione è secretata. Non trapela niente, come è normale che sia. Solo tanta tensione. Non è un buon segno per solito così come non lo è la presenza della Dda nel comitato che indirizza il parere del prefetto. C’è da allegare un “sentimento” alla relazione da inviare a Piantedosi, che poi però pare abbia ampia discrezionalità nel proporre una soluzione o l’altra al Consiglio dei ministri. Scioglimento o archiviazione? Il peso delle pagine (e i 6 mesi di lavori dei commissari) vanno a chilo o a presunti reati?
Rende rischia, e lo sa. E chi non lo sa non vuol saperlo oppure si attrezza per spostare il tiro verso altre battaglie. La politica serve a questo, del resto. Come i rimpasti in giunta. Una partita a scacchi dove ogni pedina non si sposta e non è lì per caso. E se la relazione è insidiosa potrebbe esserlo meno un clima propositivo al ministero e in Cdm. La politica supera ostacoli e norme, e non crea solo reati ma spesso li aliena. Più o meno con caratteristiche di legittimità.
E se Cosenza spera prima o poi in un decreto tipo Catania, un assegno di governo staccato per coprire buchi e crimini, anche Rende potrebbe trovare “tifo” in un ministro e in un ministero più disposto a scommettere sul futuro che sul presente imbarazzante e rognoso.
Un Comune unico, un codice fiscale tutto nuovo. Un grande falò dove si prova a bruciare il passato che bussa con le sue carte e le sue rughe. Del resto, si è sempre detto, l’unione fa la forza. E se proprio non fa la forza almeno può allontanare la forza pubblica…
I.T.