Tutto fuorché la logica, all’apparenza. Almeno all’apparenza, ammesso che per logica non si intenda altro. I dipartimenti di emergenza e chirurgia dall’ospedale di Paola (dove invece si è investito in milioni sonanti fin qui per averli e al meglio) dovranno traslocare verso il presidio di Cetraro, l’altra “gamba” dello spoke che come è noto si divide in 2 per competenze territoriali e di servizio. Questa è la determinazione reiterata della regnanza sanitaria e politica e questo è stato ribadito più o meno sottovoce dallo stesso commissario Asp Antonello Graziano alla delegazione in “protesta” con cui ha scambiato quattro chiacchiere di recente. Con tanto, qualche giorno appresso, di manifestazione proprio davanti all’ospedale San Francesco.
Una vecchia storia, questa. In principio fecit Lo Moro e poi Scura e sempre nel recinto della modifica al Dca 64 si opera. La sostanza sempre la stessa rimane. Le due “gambe” dell’unico spoke dislocato tra Paola e Cetraro che non trovano mai, o quasi, simbiosi e razionalità. E coordinamento. Finendo per collezionare, di recente, la determinazione verso il trasloco di emergenza e chirurgia da Paola a Cetraro. Volontà politica, questa, dove si danno appuntamento almeno 3 paradossi con l’aggiunta di un paio di quesiti niente male sul piano delle malizie.
I paradossi però fanno scienza in medicina. A cominciare dall’emergenza urgenza del Tirreno (medio e basso) che dovrebbe stare il più vicino possibile all’ospedale hub di riferimento, cioè all’Annunziata di Cosenza. Della serie, se si mette male c’è da correre lungo il Crati e tutto sommato non è disconosciuto né in Cittadella né su via Alimena che Cetraro è un “tantino” più distante e peggio collegata da Cosenza rispetto a Paola. Quasi il doppio dei chilometri. Un paradosso questo tanto singolare quanto elementare e a poco serve, o servirebbe, appellarsi all’alto Tirreno da coprire al meglio se si considera che nello stesso perimetro tra Cetraro e Belvedere insistono 2 strutture private accreditate che erogano e non da oggi emergenza e chirurgia in regime di convenzione. Con discreti se non ottimi profitti in termini di fatturato e quindi di prestazioni. Sgomberare il campo da Paola in materia di emergenza e chirurgia scoprirebbe invece, stavolta per davvero, l’intero medio e basso Tirreno che del servizio ne rimarrebbero senza. Soprattutto in considerazione dei grossi centri interessati e della potenziale utenza. Di non secondaria rilevanza poi il paradosso d’aver investito fin qui e non poco, in risorse umane e strumentali, proprio a Paola e per emergenza e chirurgia. Una specie di sconfessione (non gratuita) in corso d’opera con inevitabile spreco di risorse pubbliche.
E allora perché? Perché andare così frontalmente contro logica, retaggio e ragioneria?
Non semplice la risposta, o le risposte. Per niente proprio. Tant’è che più d’uno, abbandonando definitivamente i confini della sanità intesa come salute, è costretto a “tuffarsi” nei retroscena e nelle malizie. C’è “qualcosa” che è stata promessa a Cetraro e non si può tornare indietro? Qualcuno ne ha tratto benefici diretti o indiretti di natura politica o persino elettorale?
Chissà. Certo se la ragione porta da una parte e la “pratica” va dall’altra…
F.R.