Dialoghi registrati a casa di Morra, l’incrocio di Salerno

L'ex braccio destro dell'allora sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, Cirò, citato a giudizio davanti al Giudice di pace per presunta diffamazione ai danni del pm Cozzolino

Giuseppe Cirò, ex braccio destro e talvolta anche sinistro dell’allora sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, è citato direttamente a giudizio presso il Giudice di pace di Salerno per il 12 di luglio con l’accusa d’aver offeso la reputazione del magistrato Giuseppe Cozzolino, pm in organico presso la procura della Repubblica di Cosenza. Deve rispondere di diffamazione ma non a mezzo stampa o di organi che ne diffondano mediaticamente la risonanza ragion per cui, per Cirò, è il Giudice di pace competente per istituzione e il perimetro di Salerno in virtù dell’interessamento di un magistrato in servizio nel distretto di Cosenza l’atrio di pertinenza. Cirò, almeno formalmente in modalità confidenziale e privata (che poi privata di fatto non si è rivelata) avrebbe diffamato Cozzolino nel corso di una paradossale chiacchierata domestica in “trasferta”, cioè presso l’abitazione del senatore cosentino Nicola Morra.
È una delle pagine più “nere” della storia di Cosenza, questa. Inquietante, densa di ombre e di “cosentinità”. Ma anche con qualche certezza dentro. Qualcuno ha giocato (o provato a giocare) con carte non proprio pulite la sera del 15 febbraio del 2018 a casa del senatore Cinquestelle Nicola Morra all’epoca già presidente della commissione parlamentare Antimafia. A partire, a proposito di gioco con carte borderline, forse proprio dal padrone di casa.
È la sera della cena, la sera della registrazione più o meno all’insaputa o più o meno consapevole del detto e del non detto. Del compreso e del comprensibile. Di quello che si doveva dire e di quello che non si doveva dire. Commensali proprio Giuseppe Cirò, protagonista indiscusso (forse anche suo malgrado) della vicenda in qualità di ormai ex uomo forte della regnanza dell’allora sindaco Mario Occhiuto. E poi Dario Elia, Maurizio Ponte e Gustavo Coscarelli. È anche la sera in cui si programma la “consegna” della registrazione alle forze di polizia e il giorno appresso in procura con il pm Cozzolino a prender sberle, consegna rigorosamente finita poi nelle mani di determinata forza pubblica e di determinato pubblico ministero in servizio. La sera che diventa inevitabilmente genesi di una miriade di fascicoli in entrata e in uscita dalla procura di Cosenza, con coinvolgimento non alienabile e diretto di magistrati. I dubbi e le ombre si allungano sull’affresco che diventa cena a casa di Morra. Non tutti (dubbi) diventati inchiesta, pochi a conclusione, qualcuno non lo diventerà mai. Alcuni di questi aleggiano ancora nel cielo di Cosenza che è città per eccellenza quando deve farsi notte in pieno giorno e giorno in piena notte. Tanto per cominciare, Cirò era o non era al corrente della registrazione in atto prima di narrare su Cozzolino e Mario Occhiuto? Morra aveva già selezionato l’accurato iter logistico e giudiziario che avrebbe seguito la registrazione o tutto il seguito è frutto di casualità? Più complessivamente, l’intento del senatore che “ospita” una registrazione da consegnare in procura era quello di far luce sull’intero tribunale? Sul sindaco? Su tutti e tutto? Poteva farlo? Era giusto che lo facesse? E l’ufficio di pg e poi di procura che accoglie la registrazione ne era al corrente? E perché?
Tanti, tantissimi i dubbi. Qualcuno resterà per sempre. Altri invece prendono la strada delle “conclusioni” e uno di questi, per niente banale, attende Cirò il 12 luglio presso il Giudice di pace di Salerno. «Cozzolino è un uomo suo» dice Cirò a cena così come si legge nel decreto di citazione. «Di Occhiuto?» chiede Morra. «Sì sì, su questo non ci sono proprio…». «Quando ho saputo certe cose – aggiunge Cirò – ho detto mando una denuncia al Csm ed al ministro perché non è che io posso essere giudicato da un pm che va a cena con gli indagati…». Il riferimento di Cirò è all’inchiesta penale di Cosenza, per cui è a giudizio, per presunti ammanchi al Comune. Cirò si riferisce anche ad una foto pubblicata online che ritrae Cozzolino a cena in un locale con Carmine Potestio. «Ho una sfiducia pazzesca per questa cosa – continua Cirò -. Cioè io vengo giudicato e lì (in quella cena?) parlano di me perché chi ha fatto la fotografia – che conosco e che mi ha dato la fotografia – mi ha detto che parlavano di me e  c’era il finanziatore di tutte le campagne elettorali di Mario Occhiuto e cioè Carmine Potestio».
Questo il “detto” di Cirò registrato a casa di Morra. Più o meno all’insaputa di Cirò stesso, questo non è dato sapere. Dalle scatole cinesi delle querele e controquerele (Cirò per esempio ha da poco incassato dal Tribunale di Roma una archiviazione per diffamazione e calunnia proprio verso Cozzolino) ora si scorge all’orizzonte un altro delicato ed emblematico incrocio. La citazione diretta per Cirò davanti al Giudice di pace di Salerno il 12 luglio. Deve rispondere di diffamazione ma non a mezzo stampa. Che per la giustizia è tecnicamente meno grave, come è ovvio che sia. Se poi però il “teatro” del presunto reato è il divano del presidente della commissione antimafia non è detto che, per sostanza, si possa considerare derubricata la faccenda…

d.m.