《La totalità della colpa della tragedia di Cutro è degli scafisti, dei trafficanti di morte a 9mila euro a viaggio》. E poi ancora, 《Cutro non cambierà la nostra linea sull’immigrazione. Chi pensava che ci sarebbero state modifiche o divisioni di vedute tra noi si sbaglia di grosso》.
Potrebbe bastare e avanzare questo per “congelare” in via definitiva il Cdm extra light di Cutro, tra lo sconcerto e le proteste tutte conterranee. Eppure non basta del tutto perché Giorgia Meloni, che ha naturalmente condotto le danze e la conferenza stampa, con i suoi messaggi più o meno subliminali è andata persino oltre. Anche quando non ha detto una parola come è accaduto a proposito dei presunti mancati o scarsi o imprevisti soccorsi a pochi metri dalla riva. Non è stata una dimenticanza, il copione era già pronto in aereo. Ma sostanza nel silenzio invece. Della serie, non abbiamo nulla di cui scusarci perché l’unica responsabilità dell’accaduto è degli scafisti. Non proprio di chi parte, retaggio della prima versione di Piantedosi (reiterata peraltro). E non sia mai delle operazioni di coordinamento tra ministeri e protocolli. Ma solo e soltanto degli scafisti. Così si “salvano” tanto gli Interni (la guardia di Finanza) quanto i Trasporti e i porti (la guardia Costiera). Tanto Piantedosi, che Salvini. Ma non è zero a zero palla al centro. È di più. Un tentativo spericolato di uno a zero e basta così. Con goleador unico Giorgia Meloni che in tutti i modi ha provato a spostare il tiro. Guidando decreto e operazioni mediatiche.
E così la spietata lotta agli scafisti diventa internazionale, anche con rogatorie se necessario. Operazione avventurosa perché se i capi restano in acque e terre straniere non è facile andarseli a prendere. Questo perché occorre introdurre un nuovo reato in grado di poter essere capiente per 30 anni di galera. Una specie di omicidio intenzionale a prescindere dalla tragedia sempre imminente. Un reato e una pesantissima pena che necessita di un passaggio parlamentare perché non previsto nell’ordinamento italiano. Tanto più se da esibire con rogatorie. Ma gli scafisti non solo debbono essere individuati come unici nemici ma anche acchiappati e sbattuti in galera per 30 anni.
Chiarita la partita politica e mediatica tutto il resto scorre per Meloni di conseguenza. L’impianto è di polizia. Ripristino dei decreti flussi. Ne entrano quanti ne servono al mercato produttivo e con caratteristiche di non clandestinità. Che invece, “clandestini”, vengono espulsi con procedure più snelle e celeri. Controlli maggiori nei centri (finanziati) di accoglienza e più rigore quando si tratta di stabilire chi resta e chi deve andare via.
Questo per grandi linee l’impianto del decreto scritto a Roma, benedetto in aereo, e portato in passerella a Cutro. Altro, e oltre, Meloni non dice né vuol dire. L’operazione continua a rimanere di “polizia”. Alle 3 e 30 del 26 febbraio tra onde minacciose E il 9 marzo nella sua continuità…
I.T.