
Quella maledetta notte a Cutro, con ogni probabilità a tratti inquietante, è scattata una “normalissima” operazione di polizia. Un respingimento o contenimento di immigrazione clandestina. Un protocollo “sbagliato” che è stato applicato e scelto perché a sua volta, come detto anche dal ministro Piantedosi, l’agenzia Frontex che fa da “sentinella” non avrebbe lasciato intendere con dati di fatto che era in atto una emergenza. Il perché è presto detto. Frontex fa la “foto” termica dell’avvistamento. Mare forza 4, «buona galleggiabilità», persone a bordo e poche o pochissime tracce di salvagenti. Ma quel «buona galleggiabilità» viene frainteso e considerato un viaggio tranquillo di immigrati clandestini. E dal momento che non è Frontex a catalogare i rischi e quindi relative “risposte”, «ma tocca agli Stati» come confermato dall’agenzia, ecco che i ministeri fanno scattare una semplicissima operazione di polizia in mare e non di salvataggio.
Sarebbe questa la ricostruzione più attendibile dei fatti che emergono ogni ora. Ripercorrerli non è tempo perso.
La barca che portava a bordo quasi duecento persone migranti era partita nella notte tra il 21 e il 22 febbraio da Cesme (Smirne), in Turchia. Dopo tre giorni, alle ore 22:26 di sabato 25 febbraio, un aereo di Frontex l’ha intercettata. Frontex è l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera e, per regola, non interviene nei soccorsi ma segnala le imbarcazioni alle autorità competenti. L’aereo Eagle1 ha seguito l’imbarcazione fin quando ha potuto, poi ha dovuto lasciarla per mancanza di carburante.
Alle 23.03, Frontex ha lanciato una segnalazione al Centro di coordinamento internazionale (Icc, International coordination centre). Il Centro ha sede nel Comando aeronavale della Guardia di finanza, a Pratica di mare, vicino a Roma. Frontex ha messo in copia altri 26 indirizzi per conoscenza, tra cui anche quello della Guardia costiera italiana.
Il messaggio dava coordinate precise, a circa 40 miglia dalla costa italiana, indicava la velocità dell’imbarcazione e aggiungeva alcune informazioni: “Giubbetti di salvataggio non visibili, buona galleggiabilità. È stata intercettata una chiamata satellitare dal natante alla Turchia. Una persona sul ponte. Gli oblò di prua sono aperti, con significative tracce termiche dagli oblò – possibili altri sottocoperta”.
Da molti di questi elementi – una chiamata verso la Turchia, una sola persona visibile ma molte altre sottocoperta… – è evidente che si sta parlando di una barca che trasporta persone migranti. Il passaggio cruciale, però, è quello in cui Frontex ha parlato di “buona galleggiabilità”. Questo sarebbe il motivo per cui la Guardia costiera non è stata fatta intervenire con una missione Sar. Una valutazione che, come la stessa Frontex ha ricordato, spetta alle autorità nazionali.
“L’unità risultava navigare regolarmente, a 6 nodi e in buone condizioni di galleggiabilità, con solo una persona visibile sulla coperta della nave”, ha spiegato la Guardia costiera. “A seguito di tale segnalazione, la Guardia di finanza comunicava l’avvenuta attivazione del proprio dispositivo, già operante in mare, per intercettare l’imbarcazione”. Trovare l’imbarcazione è stata considerata un’operazione di polizia per fermare un tentativo di immigrazione irregolare, non una missione di soccorso.
Il portavoce della Guardia Costiera, Cosimo Nicastro, ha detto che il naufragio non era “prevedibile alla luce delle informazioni che pervenivano”, perché “gli elementi di cui eravamo a conoscenza noi e la Guardia di finanza non facevano presupporre che ci fosse una situazione di pericolo per gli occupanti. Non erano arrivate segnalazioni telefoniche né da bordo né dai familiari”. Così, circa un’ora dopo la segnalazione di Frontex è intervenuta la Guardia di finanza. La Vedetta V5006 è partita da Crotone, il Pattugliatore veloce PV6 Barbarisi da Taranto.
Il mare era mosso, a forza 4, e le due navi non sono riuscite a raggiungere la barca. Così, si sono attivate le ricerche a terra: ci si aspettava, sostanzialmente, che l’imbarcazione sarebbe riuscita ad arrivare sulla costa e lì si sarebbero potuti intercettare scafisti e migranti. Il portavoce Nicastro ha confermato che c’è stata una “conversazione” tra la Capitaneria di porto di Reggio Calabria e la Guardia di finanza, e ha detto che quest’ultima ha confermato: “Le due unità che si trovavano in mare stavano rientrando per le condizioni meteo avverse e che non c’era una posizione nota dell’imbarcazione”.
Le relazioni interne di quella notte, pubblicate dal Corriere della Sera, danno dei dettagli aggiuntivi. Alle 3.40, quando i mezzi della Guardia di finanza stavano rientrando, un rapporto della Gdf indica che in questa conversazione con la Guardia costiera i finanzieri “richiedevano alla medesima Autorità (la Guardia costiera, ndr) l’intervento di proprie unità navali per raggiungere il target, senza ricevere riscontro”. Dall’altra parte, una relazione della Guardia costiera parla di una comunicazione alle 3.48 con cui “la Guardia di finanza di Vibo Valentia informa i nostri di Reggio Calabria che i mezzi stanno tornando indietro per le condizioni avverse del tempo. Ci hanno chiesto se avevamo unità operative nella zona, noi abbiamo risposto che al momento non ne avevamo in attività operativa ma che le avremmo impiegate se ci avessero chiesto soccorso”.
Sono due versioni evidentemente diverse. La Guardia costiera non ha dato “riscontro” alla Gdf che chiedeva un suo intervento, oppure ha detto che non aveva unità operative nella zona ma che era pronta a mandarne in caso di necessità? La Procura di Crotone, che ha aperto un fascicolo d’indagine contro ignoti, sta lavorando per ricostruire la catena dei soccorsi, avrà il compito di chiarire anche questo aspetto. Ove mai questo fosse possibile…
I.T.