Le bombe alla Procura e il processo “aggiustato” da Pittelli

Le rivelazioni del collaboratore di giustizia Maurizio Cortese

Per il collaboratore di giustizia Maurizio Cortese, l’avvocato Giancarlo Pittelli avrebbe fatto da cinghia di collegamento tra ‘ndrangheta, massoneria e istituzioni. E’ quanto emerge dalle ultime dichiarazioni del pentito, depositate nel maxi processo “Rinascita Scott”. Cortese sarebbe venuto a conoscenza dell’esistenza di “logge massoniche coperte come ad esempio quelle insistenti a Cosenza ed a Catanzaro, di cui fa parte, tra gli altri, l’avvocato Giancarlo Pittelli”. Per come riporta “Gazzetta del Sud”, a settembre 2010 Cortese sarebbe venuto a conoscenza di essere stato indagato per le bombe alla Procura generale di Reggio Calabria. Lo stesso ha affermato: “Mi fu pertanto detto da un appartenente al “sistema” di fare in modo che il mio processo fosse spostato a Catanzaro dove avrebbero potuto sistema il mio processo mediante l’intervento di Pittelli”. La richiesta, comunque, avanzata dai suoi avvocati venne respinta e Cortese, quindi, intraprese lo sciopero della fame.
E ancora: “Le stesse persone che mi avevano detto di spostare il processo, mi invitarono ad interrompere lo sciopero della fame e di stare tranquillo, perché avremmo potuto aggiustarlo anche in appello a Reggio Calabria”.
Cortese, inoltre, spiega di essere stato “avvicinato da altri esponenti del clan mentre era detenuto”, che gli consigliarono di nominare quale difensore Pittelli e così fece.
Queste le conseguenze: “Pochi mesi dalla nomina di Pittelli mi trovai fuori dal carcere e dall’esito del giudizio d’appello ottenni un considerevole sconto di pena di una dozzina d’anni, anche grazie all’esclusione della qualità di capo promotore della cosca. Quando sono stato scarcerato – aggiunge Cortese – dissi a Brandimante di fare un regalo a Pittelli da parte mia e poi seppi che fu consegnata all’avvocato la somma di 40mila euro”. Una volta uscito dalle patrie galere, Cortese avrebbe avuto contatto con un carabiniere “amico” e appartenente ai servizi di sicurezza che gli avrebbe confermato “il riuscito aggiustamento del processo per il tramite di Pittella, precisando però che vi era stato un decisivo interessamento e intervento da parte sua e del “sistema” cui apparteneva, altrimenti Pittelli, mi disse il militare, non avrebbe potuto fare “magie””.