La “rivoluzione” (non indolore) dell’Annunziata e le prime postazioni che saltano

Revocato l'incarico (con vista sulla sospensione) al direttore del dipartimento Emergenza-urgenza. Decisive le prescrizioni contenute nella relazione ispettiva ministeriale (dopo quella della procura) a cui evidentemente non è stato dato seguito...


Il “fare” sarà anche sornione e compassato, in altri tempi si sarebbe fotografato come “democristiano”. Ma le azioni poi sono un’altra cosa e da che mondo è mondo sono queste a fare la differenza. Il commissario dell’azienda ospedaliera di Cosenza, De Salazar, non è “traumatico” nell’espressione e nell’incedere ma tutto gli si può dire tranne che non sia stato chiaro sin dall’inizio all’interno delle corsie e del management quanto al cospetto della stampa. L’ospedale hub più grande della provincia di Cosenza e uno dei più impegnativi ed esposti del Paese deve cambiare. Radicalmente pure e alla svelta. Dove per “cambiare” è da intendersi mutazione o progressione di cose, movenze, scelte, approcci. Ma anche persone, dirigenti, responsabili che poi sono a capo dell’organizzazione dei reparti.
Trae origine da qui, ma non solo, la revoca del direttore del dipartimento Emergenza-urgenza dell’Annunziata di Cosenza Pino Pasqua. Con vista, molto probabile, verso la sospensione. Del resto è proprio quello il reparto “sanguinante” che (molto spesso suo malgrado) ha affrontato a viso aperto e a mani nude le emergenze più ingombranti che hanno invaso l’hub dell’Annunziata. Questione di Covid, certo. Ma non del tutto e non da sempre. La “linea del fronte” dell’Annunziata, dal pronto soccorso alla discrezionalità dei primi ricoveri emergenziali, soffre da tempo e si nutre da anni della cattiva immagine del “tallone d’Achille” dell’ospedale. Malesseri, malumori, fatti e circostanze ma anche date e carte. Soprattutto carte. Con ben 3 ispezioni una dopo l’altra, ognuno di par suo e di sua pertinenza, a dipingere il front line dell’Annunziata come una specie di girone dantesco. Entra la procura in corsia, i Nas. Quindi la commissione ministeriale. Poi lo Spisal. E non sono rose, non sono per niente rose.
Di particolare suggestione (ovviamente di senso negativo) la relazione ministeriale che segue come da prassi l’ispezione. Che è più o meno di un anno fa, qualche mese in più e per esattezza a 2 passi dal Natale del 2021. Domina scena e ansie ancora il Covid, ci mancherebbe altro. Stazionano per 2 giorni ben 8 ispettori tra cui una vecchia conoscenza delle traversie politiche (e tragiche) dirette o indirette, Maria Grazia Laganà vedova Fortugno. È la gestione del virus a prendere la scena soprattutto in fase di “accoglienza” e gli ispettori segnano a penna clamorose disfunzioni e contaminazioni, un vero e proprio caos gestionale e sanitario. Non vi è molto spazio per annotazioni positive, al netto dello straordinario lavoro e del sacrificio umano “immane” e oltre ogni regola. Mancano medici e manca logica, percorsi. Ma è il Covid, la “tempesta perfetta” che inginocchia nel 2020 gli ospedali lombardi figurarsi l’Annunziata di Cosenza un anno e mezzo dopo assaltata dalla terza ondata di piena. L’attenuante ci sta, a tratti. Ma l’occhio degli ispettori si focalizza poi su cose più “endemiche” e meno pandemiche e tutte interne all’organizzazione dell’emergenza urgenza. Qui il Covid non c’entra più o fino ad un certo punto. Si entra in pronto soccorso e nessuno prende i parametri vitali. Qualcuno staziona per 3 giorni senza sapere dove andare e che fare. Qualcun altro sa dove andare ma non sa quando. Altri ancora hanno bene in mente che debbono uscire, essere dimessi, ma nessuno lo fa materialmente. Dentro tutto questo, annotano gli ispettori, parenti dappertutto. Insieme, prima e dopo i degenti e persino nei bagni. Una specie di “camera statica di compensazione”, l’area emergenziale del pronto soccorso dove i parametri vitali diventano un optional, secondo gli ispettori. Nel mentre una marea umana tra malati e parenti gira e rigira o staziona senza un perché né un domani.
Sono 15 le criticità che alla fine gli ispettori annotano come intollerabili e sottoforma di prescrizioni, inclusa la cattiva gestione del software che «non permette agli operatori di conoscere i dati relativi al flusso dei pazienti, e i risultati degli indicatori di funzionalità come, ad esempio, i tempi di gestione per i diversi codici di stratificazione. A giudizio degli operatori, presenta una situazione paradossale in quanto i pazienti con codici a bassa gravità, avendo un percorso differenziato, registrano tempi di attesa inferiori a quelli dei codici ad alta gravità».
A giudizio degli ispettori «i codici meno gravi vengono gestiti prima» perché  «la procedura
per l’utilizzo del software gestionale c’è, ma non è stata somministrata agli operatori che
quindi non sanno usare l’applicativo, determinando una conoscenza del sistema
informatico molto carente. Il sistema non riflette un modello organizzativo puntuale circa la gestione reale dei pazienti e non è chiara l’organizzazione dei medici nel Pronto soccorso».
La mano destra non sa cosa sta facendo la mano sinistra e, soprattutto, nessuna delle due sa cosa deve fare da quel momento in poi perché nessuno glielo dice.
Partono a raffica 25 “consigli” per migliorare, che poi sono vere e proprie prescrizioni con date perentorie appresso tanto per l’Annunziata che per la Regione che ne è informata in “copia conforme”. Anzi, gli ispettori invitano «la Regione Calabria a porre in essere azioni correttive alle criticità rilevate anche dando seguito alle azioni di miglioramento suggerite, pianificando quanto necessario e fornendo un riscontro a questo Ministero, entro 30 giorni dal ricevimento della presente, sulle attività che la Regione vorrà intraprendere a tal fine, ed entro 90 giorni sullo stato di avanzamento o l’eventuale completamento delle azioni correttive».
Che evidentemente non sono arrivate. Per l’ex commissario una questione solo di tempo. Per l’attuale il tempo è scaduto…

I.T.