«Così è rinato il porto, ora il mondo passa davvero da qui…»

Commissario e poi presidente l'ammiraglio Andrea Agostinelli è al “timone” dell'Adsp di Gioia Tauro da 7 anni ormai. Sguardo forte e fiero dà un'occhiata al passato («son venuto qui per comprare solo uno scanner, il molo era quasi morto...») e un'altra più intensa rivolta verso il futuro, «abbiamo due contraenti leader mondiali in casa, qui si fa la storia del Mezzogiorno e del Paese»


di Domenico Martelli

«Dovevo stare 6 mesi qui, non oltre. Con una sola missione in tasca, comprare uno scanner da 1,6 milioni. L’occhio rapido e indiscreto che deve sbirciare dentro i container fiutando cocaina senza perder tempo. E senza farlo perdere. È andata poi che mi sono occupato anche di altro strada facendo, se così si può dire, e ormai sono 7 anni che vivo e mi nutro di Gioia Tauro. Oggi da questo porto passa il mondo per il mondo, sempre numeri in attivo ogni anno e anche in epoca pandemica. Oggi la partita del Mezzogiorno e del Paese si gio ca, anche, in questo porto. Che sta andando fortissimo…». Sguardo forte, intenso. Fiero. Che sa di salsedine ma non solo di mare. Andrea Agostinelli, l’ammiraglio che sta al “timone” del porto di Gioia Tauro e dell’Adsp (mari Tirreno meridionale e Ionio) dal marzo del 2016, è andato ben oltre lo scanner anti coca…

Lo ha comprato poi?

«Certo che l’ho comprato, si figuri se non l’ho comprato. La coca da sbirciare però non era (e non è) l’unico problema e così mi sono occupato anche di “altro”, come le di cevo..».

E non è andata male, pare di capire. Soprattutto per il porto. Doveva stare 6 mesi da quel marzo del 2016 e ora sono quasi 7 anni e per di più è presidente da 2 e non più commissario…

«No, non è andata affatto male. Quando sono arrivato Gioia T auro il porto era su una specie di “lettino di morte”. Si vegliava ormai. Perdita secca di un milione di container e 437 lavoratori da mandare a casa. Non male come “foto” d’ingresso. Sono i giorni quelli del più grande e clamoroso sciopero portuale “vero” , cioè paralisi totale. 9 tiratissimi giorni in cui tutto è rimasto fermo, paralizzato, congelato. Ricordo ancora una nave praticamente “ostaggio” che non poteva né scaricare né ripartire. Diciamo che le cose erano messe maluccio…».

Altro che solo coca, verrebbe da dire…

«Guardi, le offro una notizia. Non è Gioia Tauro il porto dove transita la più grande quantità di cocaina in Europa e nemmeno in Italia. Ve ne circola molta di più a Livorno, a Genova, persino a Trieste. Per non dire in Olanda poi. Sa perché i numeri da queste parti sono più imponenti? Perché ci sono più controlli e se controlli la trovi la droga ma se controlli la trovi dappertutto e non solo a Gioia Tauro. Altrove si ispeziona meno e quindi passa il messaggio che ne transita di meno. A Rotterdam poi i controlli sono quasi inesistenti e sappiamo bene che passa da lì…».

Sì però è anche normale che qui ci siano più controlli, la sede “fiscale” delle cosche più imponenti è da queste parti…

«Ci mancherebbe altro, è giusto così. Il confine semmai, la vera sfida, è non perdere celerità e funzionalità nel transito. Sicurezza e funzionalità ma i controlli sono sacrosanti e quotidianamente viene fatto un lavoro enorme di interforce di polizia. E noi siamo totalmente a disposizione e collabor iamo tutti i giorni con polizia e autorità giudiziaria. Anzi, non potremmo fare a meno del loro supporto. Giochiamo la stessa partita con la stessa casacca perché se non si nutre di legalità il porto di Gioia Tauro si svuota come un “lavandino”».

Sicché, dopo lo scanner, c’ha preso gusto…

«Mi sono fatto letteralmente in tre. A Reggio impegno militare, a Roma istituzionale e a Gioia Tauro pancia a terra e lavoro. È stato più forte di me, diventa irresistibile rintracciare soluzioni. Mi ha appassionato que sto posto, questo clima, questa sfida. Una potenzialità pazzesca incagliata nell’improduttività. Mi son chiesto. Se la prevalente parte privata del porto, il maggior contraente, non fa quello che deve fare e cioè investimenti e sguardo al futuro che ci sta a fare? La gente perde il lavoro, le navi se ne vanno. Perché continuare così?»

E quindi l’ha fatto fuori, il contraente…

«Diciamo che ho fatto tutto quello che potevo fare per creare il problema, aprire la vertenza, illuminare con i fari del governo nazionale il porto di Gioia Tauro. Io, inviato dal governo, non potevo far altro che segnalare l’inadempienza. E cioè un contraente privato con una concessione in tasca per 50 anni letteralmente “addormentato” su se stesso, e sugli allori. Niente investime nti, niente futuro. Una sfida persa prima di giocarla. Ho scritto due lettere al ministro. Dopo un po’ chi deteneva la quota minoritaria del contraente privato ha comprato tutto e chi comandava prima è stato fatto fuori…».

E che partner, verrebbe da dire. A cui lei ha spianato la strada con la “rivolta”. Oggi è con il gruppo Msc – Mct di Aponte che ha a che fare…

«Leader mondiale, assolutamente leader mondiale. Non solo per le navi ma anche per i terminal. Inutile sottolineare, scontatamente, che dall’in gresso del gruppo Aponte le cose sono cambiate radicalmente. C’è piena sinergia, totale intesa tra chi deve fare cosa e perché. Noi abbiamo i nostri compiti e i nostri investimenti. Rendere sempre profondo e funzionale ogni approdo marino, qualificare acce sso e uscita, ingrandire e puntare oltre e le dico che a breve altre tre gru prenderanno “servizio”. Il privato deve fare il suo e non c’è meglio nel mondo del gruppo Aponte. Qui transitano numeri commerciali da capogiro. Cina, India, Stati Uniti. Da e per il resto del mondo. Sono orgogliosissimo per questi numeri…».

Ce ne dà qualcuno?

«Una crescita complessita del 7,2% solo tra gennaio e dicembre del 2022. Con una movimentazione da 3,380 milioni di container. E siamo sempre cresciuti, ogni anno. Ma non abbiamo solo il terminal di Aponte…».

C’è altro ancora?

«Certo che c’è. Il termina l delle auto, in crisi tremenda sotto il Covid ma ora in grandissima ascesa grazie anche alle auto elettriche che arrivano dalla Cina. In un anno 242.382 auto in terminal per una crescita del 243,8%. Qui a gestire il terminal in contraenza privata è Automa r, partecipata per il 40% dal gruppo Grimaldi che a sua volta è leader europeo assoluto e colosso mondiale. Altro fiore all’occhiello delle fatture che contano. E così il porto di Gioia Tauro “ospita” per contraenza privata, per gestione terminal, due giga nti. Uno leader mondiale e l’altro certamente europeo, come minimo. Le sembra poco per poter dire che da questo porto passa e può passare il mondo intero?».

Campioni in squadra, quindi. E la parte cosiddetta “pubblica”, l’autorità portuale, come accompagna questa deflagrazione di numeri in ascesa?

«Con tutti i suoi mezzi. Fondi e razionalità ma anche visione. Abbiamo aggiudicato una gara da 50 milioni per l’approfondimento e il consolidamento del canale portuale lungo la banchina di levante. Dobbiamo ospit are le navi più grandi e profonde del mondo e il fondale deve essere all’altezza. Per quanto riguarda la banchina di ponente mettiamo 7 milioni a disposizione per la ristrutturazione. Abbiamo già impegnato 20 milioni a fronte di un finanziamento complessiv o di 90, per il 75% i lavori sono completati. Completata la pavimentazione stradale dentro il porto ovviamente anche se contiamo di mettere mano anche alla viabilità che sta immediatamente fuori. Abbiamo assegnato i lavori per gli alloggi per la capitaneri a, 3,5 milioni di investimento mentre è in fase di esecuzione la cittadella delle ispezioni, una struttura polifunzionale transfrontaliera doganale e fitosanitaria. 5 ettari, 3,5 milioni l’investimento. E poi la grande sfida del traffico treni, convogli ch e partono da qui e arrivano direttamente in “pancia” in altri porti o stazioni. Ne prevediamo 900 in tutto con gara pubblica, a noi dell’autorità il compito di individuare l’ente unico di manovra. Ci diamo da fare da queste parti..».

Qui passa il mondo per il mondo, del resto. Dentro il porto una “ginestra”. Fuori però è il deserto, e le pecore continuano a pascolare. Sente anche questo peso?

«Lo sento eccome. Ma non come peso, l’autorità portuale non ha nessuna mission possibile così da rintracciare riso rse per scuole, strade, parchi. Civiltà. Mi pesa perché vorrei tanto che attorno la musica cambiasse. Tutto passa dal porto ma il porto non ha mezzi né codice fiscale per immettere liquidità sociale nel territorio. Diamo lavoro a 4mila famiglie, lavoro ver o e non a rischio. Ma non abbiamo mezzi per cambiare la storia socioeconomica del territorio. Tocca semmai alla Zes, la zona economica speciale, individuare soluzioni in materia. L’unica strada è creare le condizioni più vantaggiose possibili attorno al po rto per attrarre investimenti. Noi non possiamo farlo. Vorremmo che i container venissero aperti e lavorati qui, nel porto. Così da creare altro lavoro ancora. È una via percorribile, auspicabile ancorché per ora lontana. Ma non dipende da noi. Oppure vorr emmo linee ferroviarie ad alta capacità così da raddoppiare o triplicare i container in transito ma ci dobbiamo accontentare di quel che passa il convento, la politica per 30 anni ha “dormito” e solo ora si accorge di dover infrastrutturare al meglio la re gione e quindi l’area portuale. Oltre, e altro, non possiamo fare anche se stiamo lavorando alla stratificazione culturale del messaggio “porto”…».

Che non è poco, se mi permette. I calabresi sono poco consapevoli d’avere in “pancia” una “ginestra” come il porto di Gioia Tauro. Nei prossimi giorni (il 15 febbraio) il professor Pino Soriero (ex sottosegretario ai Trasporti al taglio del nastro del 1998) presenta il suo libro sui 25 anni del porto di Gioia Tauro. Una “sfida andata in porto”. Vi state muove ndo anche voi sul piano pubblicistico?

«Anche didattico, oserei. Anzi, soprattutto didattico. Abbiamo prodotto un docufilm sul porto con base musicale note di Morricone. Non so se immagina la suggesione. Gli aranci, gli ulivi, il mare, le imponenti gru e l e navi più grandi del mondo sullo sfondo. Tesi e antitesi e sintesi in uno scalo solo, uno dei porti più frequentati al mondo nel cuore della Calabria contadina. Lo abbiamo presentato al Senato, lo stiamo proiettando nelle scuole. Il significante e il sign ificato se la intendono alla perfezione tra le immagini e le note. La Calabria ha una eccellenza mondiale in casa. Deve solo rendersene conto…».