La più alta percentuale di positivi su tamponi resta in Calabria: il 13,8%

Rischia di apparire un “giallo ingannevole” quello che la regione vorrebbe conquistare nel fine settimana. I dati restano preoccupanti, con incidenza di 102 casi su 100mila abitanti. Senza contare il caos scuole, con appelli a Spirlì perché le chiuda e i genitori costretti ad iniziative disperate contro sindaci e dirigenti scolastici. Fino alla “minaccia” di bussare in procura...

Se non è un giallo paglierino, di quelli che abbagliano e che spostano dalla realtà, poco ci manca. Nelle stanze della “salute” di Calabria non sono pochi quelli che si convincono del “giallo” che arriverà come colore Covid nel fine settimnana. Una specie di premio, ma chissà per cosa però. E già perché ad analizzare i dati veri ci sarebbe ben poco da festeggiare.
Tanto per cominciare la percentuale di positivi su tamponi processati, il termometro vero del virus nonostante l’inserimento degli antigenici nel conteggio giornalieri, fa paura. La Calabria resta saldamente in testa in questa ben poco gradevole classifica, l’incidenza è del 13,8% mentre la media nazionale è del 6%. Più del doppio. In gran parte spiegabile con il fatto che la Calabria continua a rendicontare pochi test antigenici nel report quotidiano ma negli ultimi giorni qualche test rapido in più è circolato nei dati giornalieri ma la percentuale di positivi su tamponi resta sempre molto alta, la più alta del Paese. C’è poi da considerare il quoziente di crescita di positivi su 100mila abitanti, per la Calabria sono 102 i casi in più e questo non è un dato da poco e per una doppia ragione. La prima ha a che fare con la scarsa densità urbana delle contrade conterranee, tutto sommato si devono raggruppare quasi sempre diversi centri dislocati tra loro per raggiungere la media di 100mila abitanti. La seconda, di ragione che preoccupa, è un semplice calcolo algebrico. I tecnici del ministero avevano fissato la soglia di 250 casi su 100mila abitanti come indice di zora rossa, allarme assoluto. 50mila invece la soglia di relativa tranquillità. Può una regione con incidenza di 102 casi su 100mila abitanti (e quasi sempre pochi tamponi…) ambire al “premio” della zona gialla e per giunta con una percentuale di positivi su tamponi del 13,8%, la più alta d’Italia?
In tutto ciò si inserisce il gran caos delle scuole con alcune realtà che implorano il presidente Spirlì affinché le chiuda nuovamente. Sfidando il Tar (che nel frattempo si tutela dalla pandemia negando le udienze in presenza ma consentendo solo quelle da remoto, armiamoci e partite…) e sfidando le 150 famiglie che hanno fatto ricorso per la riapertura conquistando il parere favorevole proprio dello stesso Tar, che invece per giudici e avvocati ha paura del Covid. 150 famiglie che finiscono quotidianamente nel mirino delle chat e dei social che ospitano il veleno di chi ha paura per i propri figli ma che si vede costretto a mandarli a scuola solo perché “quei 150” hanno vinto il ricorso. Sarebbero pronti diversi esposti in direzione delle diverse procure della Repubblica sparse in giro, con evidente “intestazione” per epidemia colposa e interruzione di pubblico servizio nel caso di dirigenti scolastici, vertici Asp e ovviamente sindaci. Primi cittadini particolarmente nel mirino negli ultimi giorni, con la minaccia concreta di far arrivare direttamente i carabinieri a chiudere i portoni delle scuole che in alcune realtà diventano covo da Covid. Sindaci evidentemente più attenti alle dinamiche politiche ed elettorali piuttosto che alla salute pubblica, soprattutto quei sindaci in procinto di candidarsi in consiglio regionale (nei prossimi giorni pubblicheremo una “mappa” degli aspiranti…). Sindaci che al bilancino degli scontenti preferiscono danneggiare chi rischia la salute perché immaginano che siano la maggioranza (quindi anche potenziali elettori) quelli che invece vogliono la scuola aperta a tutti i costi. E poco importa se ci sono scuole con diversi positivi dentro, fratelli o sorelle in altre classi, tracciamento saltato e tamponi molecolari fissati dieci giorni dopo. La scuola deve andare avanti lo stesso, e magari anche i voti. Con la compiacenza di dirigenti scolastici attenti solo al budget ministeriale ma distratti dai dossier che stanno arrivando, contro di loro, sulle scrivanie dell’Ufficio scolastico regionale e provinciale. Dossier a cura di alcuni genitori che non ne possono più. Gli stessi che sarebbero disposti ad andare fino in fondo, fino alla porta della procura della Repubblica…

Romano Di Nascita