Bevere in Cittadella, incontri ravvicinati per il dopo Belcastro

Grandi manovre per la prossima guida del dipartimento Salute della Regione. Sullo sfondo una stagione che si chiude e un'altra che si vorrebbe aprire. Non senza incognite (e comunque attraverso il bando). Quel documento inviato a Scopelliti nel 2011 dall'allora dg della Programmazione sanitaria del ministero

Una ventina di giorni fa Francesco Bevere, ex direttore generale Agenas e in pole position per il dopo Belcastro al vertice del dipartimento Salute, è stato avvistato in Cittadella. Non è questa stagione né per perlustrazioni turistiche né per convenevoli di terzo tipo per cui è facile immaginare che anche la governatrice Jole Santelli, quel giorno, abbia frequentato lo stesso atrio. Magari non a caso. Del resto, lo abbiamo già scritto, è questo il nome forte per il dopo Belcastro, epoca ormai politicamente al tramonto e che la stessa Santelli intende con ogni probabilità già archiviata. Francesco Bevere è il pezzo grosso e “romano” che dovrebbe prendere il posto dell’attuale dg del dipartimento Salute, un nome talmente “grosso” nell’ambiente della salute da intendersi configurato come contro commissariamento o altra gamba del commissariamento stesso. Un nome fortemente spinto direttamente da Tajani e un nome dal curriculum, al pari, di peso e anche ingombrato da alcuni “inciampi” giudiziari risalenti all’epopea romana di Storace con il “nostro” al vertice dell’ospedale San Giovanni. Una vicenda viscida (lady Asl) con al centro una presunta tangente da 200mila euro per la sorveglianza dell’ospedale e che ha visto finire agli arresti l’allora assessore regionale del Lazio alla Sanità. Una vicenda, tuttavia, che non ha impedito minimanente a Francesco Bevere di scalare ugualmente le gerarchie burocratiche del potere sanitario nazionale. Lo ritroviamo fino a dicembre alla direzione generale di Agenas, l’agenzia che controlla e tira per le orecchie la sanità delle Regioni. E lo ritroviamo, nel 2011, alla direzione generale del dipartimento Programmazione sanitaria del ministero, il posto che oggi è di Andrea Urbani per intenderci. E in pochi dimenticano, tra addetti ai lavori e manager di aziende pubbliche e private di Calabria, una lettera proprio di Bevere inviata il 12 agosto del 2011 a Peppe Scopelliti, a Luciano Pezzi, a Luigi D’Elia e per conoscenza a Francesco Massicci. Siamo all’alba del piano di rientro, la Calabria è da poco sotto la lente d’ingrandimento del ministero. Bevere chiede alla Regione di «inviare copia degli atti aziendali, adottati e in via di adozione, relativi alle strutture sanitarie pubbliche e private accreditate insistenti sul territorio regionale, ovvero quelli inerenti le aziende ospedaliere, le aziende ospedaliere-universitarie e gli Irccs, affinché possa essere verificata la compatibilità con gli indirizzi previsti nel Programma operativo in corso di attuazione».
Un documento e un monitoraggio da parte di Bevere (era nelle sue facoltà) che 9 anni fa ha fatto molto discutere e borbottare i Palazzi e gli imprenditori della sanità. Non solo e non tanto perché nessuna struttura privata accreditata ha mai avuto obbligo di redigere per legge atti aziendali quanto perché nella richiesta di Bevere è comparsa la “via di adozione” degli atti stessi. Della serie, mandatemi un pezzo di carta o uno scritto sulla sabbia purché inviate qualcosa. La ricomposizione del quadro poi non s’è fatta attendere e il tutto, sconcerto a parte, è ben presto rientrato. Altri tempi. Oggi Bevere torna prepotentemente sulla scena della salute di Calabria, ovviamente per il dopo Belcastro. L’architettura della Cittadella l’ha già conosciuta, e di certo non è costruzione che sfigura davanti a niente e a nessuno. Il resto, bando e programmi e persino remunerazione, sono dettagli. O forse no…
I.T.