Era stato assolto definitivamente per l’omicidio di Antonio Sassone all’interno del procedimento giudiziario della Dda di Catanzaro denominato “Terminator IV) che voleva far luce su alcuni delitti commessi nel cosentino a seguito di una guerra di cosce di ‘ndrangheta scoppiata negli anni passati a cavallo tra i due secoli. Tra le persone arrestate durante il blitz delle forze dell’ordine coordinate dalla Dda di Catanzaro c’era all’epoca anche il 45 Biagio Barberio poi assolto definitivamente dai giudici. L’uomo aveva proposto quindi ricorso per l’ingiusta detenzione patita ma la magistratura ha sempre respinto le sue richieste fino all’ultima pronuncia della Cassazione che ha scritto la parola fine sulla richiesta risarcitoria. L’uomo aveva preparato l’auto che poi sarebbe servita per il delitto, secondo i giudici, senza sapere che poi dell’omicidio ma tanto basta per non poter accedere al risarcimento. La ratio della normativa in materia infatti prevede la totale esclusione dell’indagato nella fase di arresto e detenzione a qualunque attività che invece possa giustificare in un dato periodo appunto l’applicazione di misure cautelari. Scrivono infatti chiaramente i giudici in sentenza: “L’ordinanza impugnata ha valorizzato gli elementi emergenti dalla sentenza assolutoria, valutandoli autonomamente ai fini del giudizio di riparazione, in particolare osservando che vi era in atti piena prova di una condotta gravemente colposa e ostativa da parte del ricorrente, essendo comprovato che il Barberio fosse un affiliato della consorteria Lanzino-Cicero, aderendo al gruppo Chirillo di Paterno, e che costui aveva preso in consegna al fine della “ripulitura”, preparazione e riconsegna, l’autovettura Fiat Uno (rubata) utilizzata per l’omicidio di Sassone Antonio, discutendo con l’Amodio dell’azione programmata”. La Corte territoriale ha evidenziato che l’azione di “ripulitura” e di “preparazione” dell’autovettura rubata da parte del Barberio, per la commissione di ulteriori reati che la consorteria intendeva commettere, connoti in termini di assoluta gravità la condotta colposa – per macroscopica imprudenza – del richiedente”. La Dda di Catanzaro aveva chiesto e ottenuto per gli omicidi Senza, Pelazza e Sassone, la conferma del carcere a vita per Franco Presta, la condanna a tredici anni per il pentito Vincenzo Dedato e dieci anni di carcere per Francesco Amodio, collaboratore di giustizia a cui è stato però revocato il programma di protezione.
“Terminator IV”, nessun risarcimento per uno degli imputati assolti
Biagio Barberio aveva richiesto i danni per l'ingiusta detenzione subita all'epoca del suo arresto. La Cassazione ha respinto il ricorso definitivamente