Come 40 anni fa, la valle del Crati trema

«Terremoto molto superficiale, appena 10 chilometri di profondità. E piuttosto forte, magnitudo alla fine calibrata in 4.4. Per questo s’è sentito molto bene. Anzi, diciamola tutta, è stata una bella botta… ». Carlo Tansi, quando la terra trema e trema per davvero, smette molto volentieri i panni della rivoluzione civica in politica e indossa quelli a lui più naturali, è tra i maggiori esperti e ricercatori di Calabria in materia di terremoti. Sia intesi come scosse sotto la superficie della terra sia, per effetto, come cambiamento civico e urbanistico che non è mai arrivato qui dalle nostre parti, «non finirò mai di ripeterlo, non sono i terremoti ad uccidere ma le case in cui ci si trova.
E quelle edificate negli anni Sessanta, negli anni Settanta o quelle abusive o a più piani sono certamente a rischio, tutte. I grandi terremoti dell’Irpinia nell’80 e del Friuli nel ’76 hanno modificato l’edilizia in Italia a proposito di terremoti. Ma in Calabria, manco a dirlo, siamo in dietro anni luce. Basterebbe certificare periodicamente gli edifici con una specie di “revisione”, come si fa per le macchine… ». E questo è il futuro, questo è l’investimento (che non c’è) in prevenzione e urbanistica di sistema. Poi però, ad un certo punto e nel bel mezzo di un pomeriggio assurdo tra coronavirus e scaffali vuoti nei supermercati, arriva la botta che fa saltare tutto. «Forte e sussultorio perché siamo più o meno tutti vicini all’ipocentro, all’epicentro di profondità. Epicentro a Rende, profondità di 10 chilometri. E quando si è vicini al punto la scossa magari è più breve ma sussultoria. Si balla quindi e s’è ballato». Già, e parecchio. Potrebbero esserci stati dei danni in vecchi edifici di Rende centro, qualcuno segnala delle incrinature nella vecchia chiesa di Costantinopoli. Una mezzoretta tutti fuori e poi si fa finta di “tornare” al coronaviris ma la paura del terremoto non passa… «E che vuole che le dica. La faglia quella è, costantemente sotto osservazione. Una faglia che di suo fa paura. Va da Rogliano a Tarsia, più o meno. Dalla valle del Savuto a quella dell’Esaro. È la stessa che ci ha “regalato” nel 1980, il 22 febbraio alle due e mezza di notte, una scossa che tutti i cosentini ricordano bene. Anzi, ve ne furono due, a distanza di un quarto d’ora una dall’altra. Epicento anche allora a Rende, all’altezza della farmacia Jorio di Quattromiglia. Non c’è cosentino o rendese che non ricordi quella scossa, era il martedì di carnevale. E la vuole sapere una cosa? La magnitudo era la stessa di oggi pomeriggio, identica, 4.4. Questo per dire che oggi è stata forte… ». E ora? «Mani al cielo? No, scherzo. Ma sulla faglia possiamo dire e sappiamo ma sui tempi e sulle prossime scosse è impossibile dire una parola. Il bivio alla fine sempre quello è. Ve ne saranno altre, questo è sicuro. Quasi certamente di assestamento, di contenimento. Non esistono scosse di questa magnitudo senza “sorelle” via via più piccole, molte delle quali sono in corso ma percettibili solo in via strumentale. Poi però può anche succedere che questa incrinatura nella faglia, la scossa di 4.4, di fatto altro non è che la precedente di una rottura più forte ma questo è impossibile da prevedere e francamente la stragrande maggioranza dei terremoti dà il “meglio” di sé alla prima scossa…». Già, è quasi sempre andata così. In caso contrario c’è la madonna del Pilerio che prega lì per l’occasione…

I.T.