
I carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Cosenza e Treviso, ad aprile scorso avevano eseguito l’applicazione di una misura cautelare in carcere per il 37enne Valerio Salvatore Crivello, condannato in primo grado nel processo “Tela del ragno”.
È accusato infatti dell’omicidio di Pietro Serpa. Il provvedimento era stato emesso dalla Corte di Assise di Cosenza su richiesta della Dda di Catanzaro dopo la condanna all’ergastolo inflitta un paio di mesi prima.
Per gli ermellini bisogna valutare, i domiciliari con braccialetto elettronico in attesa della sentenza definitiva nel merito.
“Premesso che, per quanto interessa tale specifico motivo di censura, per il delitto di omicidio il citato art. 275, comma 3, ultimo periodo, cod. proc. pen. dispone che è applicata la custodia cautelare in carcere salvo che siano acquisiti elementi, desumibili dal caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure (nel caso di specie, l’imputato aveva, in subordine, chiesto l’applicazione degli arresti domiciliari), si osserva che con la impugnata testé citata sentenza resa a sezioni unite la Corte ha espressamente enunciato il seguente principio di diritto:
«Il giudice, investito di una richiesta di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari con il c. d. “braccialetto elettronico” o di sostituzione della custodia in carcere con la predetta misura, escluso ogni automatismo nei criteri di scelta delle misure, qualora abbia accertato l’indisponibilità del suddetto dispositivo elettronico, deve valutare, ai fini dell’applicazione o della sostituzione della misura coercitiva, la specifica idoneità, adeguatezza e proporzionalità di ciascuna di esse in relazione alle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto».L’ordinanza impugnata deve dunque essere annullata con rinvio al Tribunale di Catanzaro, quale giudice del riesame cautelare, affinché, dopo avere accertato la disponibilità, o meno, dello strumento di controllo indicato dall’art. 275-bis, comma 1, cod. proc. pen., effettui una nuova valutazione in ordine all’adeguatezza, o meno, della sola custodia in carcere quale misura cautelare atta a prevenire la fuga dell”imputato”.