C’è il detto e il non detto. Il sussurrato, il sospettato. Il disseminato come volutamente ambiguo e il malizioso per forza. E poi c’è il dichiarato, l’inequivocabile. Che per brevità e per concetto, risparmiando l’ozio delle virgolette, lo si può sintetizzare così in una forma per certi aspetti inedita alle latitudini di Cosenza. Il verbo è quello del sindaco Franz Caruso in conferenza stampa ad anticipare la “sciabola” da esibire in commissione targata (《persona garbata e gentile》) Luciana De Francesco. La prosa, invece, è da estrapolare ma è intatta nel significato. Qualcuno, dalla Cittadella, non ci vuole dentro Palazzo dei Bruzi, più o meno ultimo baluardo prima della resa definitiva e stratificata su scala regionale ai piedi del regno (ristretto) di Roberto Occhiuto. E non ci vuole sin dall’inizio perché altrimenti non si spiega perché un mese dopo aver vinto le elezioni e con una maggioranza in consiglio schiacciante sui marciapiedi di Cosenza non è stato difficile rintracciare regnanti regionali di centrodestra sussurrare che il Comune sarebbe caduto presto. Subito dopo, siamo sempre alla prosa di Franz Caruso, ecco “stappata” la proposta di legge regionale di modifica dell’Unione dei Comuni con sovvertimento “fascista” delle regole del gioco, in un primo tempo affidata all’iniziativa di Simona Loizzo e poi “strappata” e consegnata nelle mani del fidel Pierluigi Caputo e compagni (ristretti). Niente potestà alle deliberazioni dei consigli comunali, niente referendum popolare preliminare ma solo decorativo, consultivo. Una imposizione, siamo sempre alla prosa del sindaco, talmente irrazionale e irrealizzabile che più che unire di fatto dei Comuni gerenandone un altro deve sostanzialmente sciogliere quelli che ci sono a partire da chi con il voto popolare governa Palazzo dei Bruzi.
Il Caruso mediaticamente e politicamente significativo è questo. Vogliono toglierci dal Comune per ragioni politiche e personali e per farlo, tra le altre, ipotizzano una liposuzione inter municipale che, con tecniche fasciste, va al di là delle regole e del francamente praticabile.
Il resto, della conferenza stampa, naviga agevolmente nel tecnico con le proposte che Caruso ha in cartella per la 《disponibile e gentile》Luciana De Francesco. E cioè un serio studio di fattibilità prima di sedersi al tavolo. Il parere preventivo della Corte dei Conti. Un referendum popolare vero e non decorativo. Una assemblea costitutiva non prima di un cospicuo ed “accompagnatore” contributo finanziario regionale perché anche a queste latitudini, anzi soprattutto a queste latitudini, senza soldi messe non se ne cantano.
Ecco “l’altra città unica” che nel suo iter immagina Franz Caruso. Che si dice convinto “tifoso” del perimetro unitario ma con tecniche e movenze evidentemente differenti. A partire dall’unione dei servizi, tutti i servizi. Nel reale della vita quotidiana si fa una unica comunità prima di tutto e invece questa Regione (prosa sempre di Caruso) sapete che fa? Comunica che non si fa più la metroleggera, se vogliamo unico “pilastro” fin qui nel segno della città unica. Questo mostrerebbe e peserebbe, secondo il sindaco, tutto il reale interesse della Cittadella verso la praticabilità della città unica (cioè poco o niente) anche perché Caputo e compagni quando erano al comando in Comune mai e poi mai hanno parlato di città unica. Perché? Come mai?
Franz Caruso se lo chiede e lo chiede in modalità maliziosa. Ma non remissiva. Se tutto va avanti con tecniche da ruspa (sempre la prosa) sarà impugnata anche questa decisione della Cittadella così come lo stesso è stato fatto con il decreto dirigenziale che vorrebbe cancellare Vagliolise come sito per il nuovo ospedale. E se tutto va ancora storto e per la sua (impropria) strada vorrà dire che si chiederà ai cittadini di tutta l’area urbana cosa ne pensano. Chiederemo in particolare ai cittadini di Rende e Castrolibero (qui Caruso è diretto) cosa ne pensano di accollarsi in bolletta i 300 milioni di euro di debiti accumulati dal Comune di Cosenza.
La prosa poi finisce qui. E tutto sommato può bastare…
d.m.