Enrico Letta, forse un po’ tardi, inizia a sentire puzza di bruciato. E a riconoscere il pericolo di Calabria un po’ come hanno fatto gli americani, post mortem, con il Vietnam. Contando i cadaveri. Meglio tardi che mai, del resto. Soprattutto se l’occasione è utile al capo del Nazareno per riflettere sulle mirabilie di Boccia e Graziano, l’attuale coppia di “attaccanti” con la spiccata propensione a segnare però nella propria porta. Non sono doti comuni. Assediato dalle telefonate e dai fallimenti Enrico Letta decide che il casting di Calabria, per ora, può considerarsi congelato. Sospeso, rinviato. Se ne riparla non prima di metà settimana per la ripresa della girandola di nomi al punto che è seriamente a rischio la presenza in Calabria del segretario nazionale che Boccia, sottoforma di confessione, ha annunciato ai suoi per martedì. Della serie, che ci vado a fare in Calabria senza il nome del candidato? Per raccogliere veleni e “pomodori” ci sono già Boccia e Graziano. La coppia del gol nella porta del Pd. Il tutto, il freno a mano tirato dal leader del Nazareno, proprio mentre il commissario (?) regionale al contrario la sua operazione di scouting non intende parcheggiarla nemmeno per un giorno. Contatto e telefonata con Nino De Masi, sempre lui. Il nome buono, al di là degli schieramenti, per levare le castagne dal fuoco. Accade ritualmente che rispunta, nel prepartita di ogni tornata elettorale. E lui sempre a rifiutare o a defilarsi senza dirlo, forse anche perché mai nessuno gli ha detto di guidare una macchina per vincere, al massimo per riportarla in garage senza troppi danni. Non è dato sapere se Graziano ha telefonato a De Masi consapevole della “frenata” generale di Letta e se ha informato poi l’imprenditore cosiddetto antimafia. Non foss’altro perché, anche inconsapevolmente, rischia di averlo bruciato ancor prima di provarci per davvero. Perché Letta, stavolta, ha frenato per davvero per qualche giorno. Troppi gli inciampi e le figuracce, una pausa di riflessione è salutare anche se questo poi non vuol dire che tutte le “bocce” restano ferme.
Una, per esempio, forse la principale di questi tempi, s’è mossa in maniera definitiva di “boccia”. È di qualche giorno fa il reiterato e convinto e “finale” no di Nicola Irto. Inutile provarci e girarci attorno. Ora la “serenata” sotto la sua finestra suona troppo da ruota di scorta (dopo averla bucata) e per di più col rischio della mancata elezione in consiglio regionale arrivando terzi come candidato presidente (cosa che di ora in ora, per Pd e Cinquestelle, sta maturando come concretezza di scenario).
L’altra, di “Boccia”, è con la B evidentemente maiuscola ed è quella che non ne vuol sapere di imbarazzare il circondario. Memorabile la sua ultima “scesa” a Cosenza in veste da commissario. In poche ore, con l’abbraccio a Franz Caruso a scoppio ritardato, provoca la candidatura a sindaco di Cosenza di Sergio Nucci, Pse e Paolini come retaggio e Anna Falcone (de Magistris) come approdo. Della serie, ci siamo capiti, anche per Palazzo dei Bruzi al centrodestra basta solo indicare un totem, un cartellone pubblicitario, e ha già rivinto nonostante il congedo dell’era Occhiuto. La perla però è il ticket al contrario che il responsabile Enti locali del Pd gioca sullo stesso tavolo in poche ore. A Irto chiede la disponibilità con Laura Ferrara come sua vice (al netto della improponibilità della proposta). E poche ore dopo ai Cinquestelle chiede esattamente il contrario. Ferrara presidente, e se il caso, Irto vice. Mirabilie.
Forse è per questo che persino Letta realizza che è arrivato il momento di somigliare a un segretario. Non serve molto. Ma a volte indossare panni non propri diventa l’esercizio più difficile…
I.T.