Non è facile cacciare Massimo Scura. Per niente. Perché ci vogliono argomentazioni algebriche che allo stato mancano, almeno in gran parte.
E perché la sua mission rischia di essere incollata in qualche modo a quella dello stesso piano di rientro. Ci vuole, ci vorrebbe, una forzatura.
Che il ministro della Salute Grillo non ci penserebbe due volte a siglare ma che incontra l’ostacolo “esegetico” del ministro Tria, uno che deve far sempre 2 più 2 prima di procedere con la matita.
E poi occhio a Oliverio dietro l’angolo, nonostante l’annunciata modifica nella manovra di bilancio che reintroduce l’incompatibilità tra governatore e commissario. La manovra è futuribile, deve passare. Intanto se cacci ora Scura non è detto che lo puoi sostituire con un altro, diciamo il generale Pezzi.
Perché il governo potrebbe sempre sollevare il dubbio a forma di incrocio e cioè che facciamo con Oliverio nelle more che viene approvata la manobra di bilancio? La legge allo stato lo può travestire da commissario. C’è una uscita di sicurezza, da un bel pezzo sulla scrivania di tutti e due, Tria e Grillo.
Aggirare intanto Scura con uno o due vice, così da dettargli sostanzialmente la linea. Fino a portarlo allo sfinimento e allo svilimento. E poi cambiarlo.
E su questo erano più o meno tutti d’accordo. Parte la rosa dei nomi in dote ai parlamentari Cinquestelle e si autogenera la prima grana. Non c’è condivisione, tutt’altro.
I foglietti sono in gran parte differenti, fatta slava qualche integrale eccezione. Grana importante questa perché Grillo non può arrivare al tavolo di Tria con il Movimento diviso. E grana tuttavia aggirabile anche questa. Fa quasi tutto Roma, se non c’è accordo e pace “local”.
Linea dettata dall’alto ma uno dei due vice commissari di Scura deve essere comunque indicato dalle viscere del Movimento calabrese. Sennò chi li sente. Ed è qui che casca l’asino ancora una volta al punto che si crea la paralisi che fa litigare Grillo e Tria.
Sul tavolo prima di Grillo e poi di Tria arriva un nome che non va bene. Che non va bene per niente al ministro dell’Economia e ai suoi informatori e il tutto si impantana, senza contare di vox populi che narrano di imminenti e clamorose inchieste della magistratura proprio nel ventre della sanità di Calabria.
Tirate le somme, e rese algebriche le preoccupazioni, si resta immobili. Con Scura al suo posto e pronto a fare le valigie di Cdm in Cdm o a trovarsi accerchiato da uno o due “gendarmi” a fare da vice. A proposito, ma di chi è quel “nome” che non va bene (né potrebbe) a Tria?
I.T.