Se l’operazione Calcutta è riuscita lo si deve ad Alessandro Ricci, cosentino, da anni trapiantato a Roma. Ai più il nome non dirà nulla, ma, in realtà, è il deus ex machina del successo del cantautore pontino. Oltre ad aver legato il proprio destino ad Invasioni. Tutto cominciò quando ancora era studente alla Sapienza: correva l’anno 2005. All’epoca la kermesse musicale era ormai colladauto fenomeno non solo di costume, ma generazionale. Cosenza era fucina di idee, note e parole di quella che in molti definivano controcultura dal basso. Sono stati gli irripetibili anni di Ferlinghetti, Lou Reed, Patti Smith, ma anche di gruppetti misconosciuti all’epoca come i Subsonica: in questo stava la magia di Invasioni. Riuscire a cogliere l’aria del momento e legarla alla storia identitaria. Alessandro Ricci ne aveva colto tutto il potenziale e deciso di farlo divenire oggetto della sua tesi -“Festa delle Invasioni – Mutanenti e funzioni degli eventi festivi urbani” il titolo- in scienze della comunicazione con il sociologo Alberto Abruzzese. All’epoca il membro di Sporco Impossibile prima e di Bomba Dischi poi cominciava a muovere i primi passi in una Roma in bilico tra rock e posse. L’indie era di là a venire e avrebbe segnato il passaggio verso un nuovo cantautorato: più immediato, forse meno impegnato, ma figlio dell’epoca storica cui apparteneva fatta di cellulari Nokia e bangla. È più o meno qui che si incrocia il destino del cosentino con Calcutta: sono gli anni dei concerti al Circolo degli Artisti dove gravitano i nomi di Bugo, The Niro, Adriano Viterbini. Con in tasca un master in Management, comunicazione e marketing della musica, Alessandro comincia con i suoi soci a farsi strada approdando, poi, ad esperienze quali Prodezze fuori area -ne sanno qualcosa i Brunori Sas e Fabio Gaudio- e Soluzioni Semplici. All’epoca Calcutta aveva registrato qualcosa, ma è con Bomba Dischi che avviene il passaggio di qualità. Mainstream divine subito fenomeno virale e il dato fa impressione ancora di più se si pensa che all’epoca il tamtam social cominciava a muovere i primi passi nell’etere. Una lunga strada quella che ha portato al concerto di ieri in cui l’artista ha offerto uno spettacolo di qualità in risposta a chi millanta il ritorno degli antichi fasti di un tempo ormai andato storicamente e, soprattutto, culturalmente impensabile. Dal tour promozionale di “Mainstream” -l’idea della sciarpa rossoblù sulla copertina del disco è perfetto feticcio della passione per i lupi di Ricci- nei negozi etnici alle piccate risposte di Edoardo su Instagram: ogni tassello ha contribuito al successo di Calcutta. Non un fenomeno, ma un progetto mediato e innovativo. Reduce dal live di Palermo, il cantautore ha aperto il concerto con “Briciole” entrando subito nel cuore di “Evergreen” con la hit “Kiwi”. L’ambizioso progetto grafico – con il visual Filippo Rossi e Martino Cerati alle luci- accompagna, come didascalia, il live che, con il supporto delle talentuose coriste Chiara Calderale, Frances Alina Ascione, Valeria Svizzeri e Francesca Palamidessi, prende il volo con “Orgasmo” e “Cane”. L’intermezzo intimista piano e voce con la citazione di Bosè in “Se tu non torni” introduce i brani di “Mainstream” “Milano” e “Limonata”. Orfani di Giorgio Poi, in giro per il tour promozionale di “Smog”, la band – formata da Gaetano Scognamiglio alle tastiere, Alberto Paone alla batteria, Paolo Carlini alla chitarra, Giovanni De Sanctis al basso, Francesco Bellani al synth, tastiere e programmazione e Giovanni Imparato alle chitarre- accompagna il coro di pubblico e artista che all’unisono cantano “Paracetamolo”, canzone-manifesto dell’ultimo album di Calcutta. Dopo “Dal verme” e “Nuda nudissima” si passa a “Cosa mi manchi a fare” e a “Oroscopo”, canzone che il cantautore ponentino ha più volte affermato di non amare particolarmente, nonostante sia quella che ne ha decretato maggiormente il successo. Si arriva poi a “Sorriso (Milano-Dateo)”, hit del momento per poi passare a “Arbre Magic”, “Del verde” e “Hubner”. “Le barche” introduce al finale di un concerto che ha commosso per intensità e spettacolo. “Due punti”, “Gaetano”, “Saliva” e “Frosinone” regalano al pubblico più di una emozione. “Pesto”, infine, suggella lo stretto rapporto tra Edoardo e il suo pubblico. Un rapporto costruito sapientemente negli anni e che lega, indissolubilmente, Calcutta a Cosenza. Ne sa qualcosa Alessandro Ricci che da qui è partito quasi vent’anni fa e che ritorna nella sua città regalandole il suo dono più prezioso.
Invasioni, il successo di Calcutta parla cosentino
Il ruolo del talent scout Alessandro Ricci