Salta il banco del mattone di Calabria

La Consulta sentenzia come incostituzionale la proroga della Regione che con un semplice cambio di data sposta di un anno il termine perentorio per la presentazione dei progetti e delle autorizzazioni per ristrutturazione o edificazione di edilizia sociale o residenziale di proprietà pubblica. Potenzialmente un "terremoto"

Quella data spostata in avanti in una paginetta contenente un paio di frasi è semplicemente incostituzionale. Non si poteva fare. Fuori dalle regole, oltreché dalla logica. E così come un enorme impianto di carte poggiate una sull’altra basta soffiare e tutto viene giù. Non carte però, ma mattoni. Potenzialmente tutti i mattoni di Calabria in essere o in cantiere e che hanno a che fare con interventi di ristrutturazione o edificazione dell’immenso parco pubblico di edilizia sociale o residenziale. Che siano di proprietà o sotto vincoli comunali o provinciali o regionali, si agisce in deroga.
Un immenso impianto di carta e di carte che stanno, da oggi in forma incostituzionale, nella legge della Regione dell’11 agosto del 2010, la numero 21. Una legge che ad un certo punto, articolo 6 comma 12, stabilisce come perentorio il termine del 31 dicembre del 2021 per la presentazione dei progetti e delle autorizzazioni necessarie. Dove sta il problema per la Consulta? Non nella legge in sé ma nella proroga che del tutto inspiegabilmente interviene il 7 luglio del 2021 (articolo 1 della legge regionale n.23) che semplicemente sposta un anno in avanti il termine perentorio per la presentazione delle autorizzazioni. Un cambio di data, in una paginetta e in pochissimi paragrafi. Centinaia e centinaia di progetti e milioni che guadagnano dodici mesi senza apparente motivazione, se non il nullo aggravio di costi e benefici per i bilanci della Regione, precisa la legge del 7 luglio del 2021.
Ma si potevano spostare del tutto arbitrariamente le lancette dell’orologio e del triplice fischio finale di dodici mesi? La presidenza del Consiglio dei ministri sente puzza di bruciato e impugna la legge regionale che allunga il tempo e nel giorno di San Valentino la sentenza, i mattoni tutti giù per terra, ci si augura del tutto metaforicamente anche se il danno o il mancato guadagno è quantificabile con tanti zeri prima delle unità. Sia pubbliche che private.
Basta dare un’occhiata ai primi punti della legge del 2010, poi arbitrariamente prorogata nel luglio del 2021 e oggi sventrata dalla Corte Costituzionale.
Si legge nel testo del 2010 che… «la presente legge è finalizzata:
a) al contrasto della crisi economica e alla tutela dei livelli occupazionali attraverso il
rilancio delle attività edilizie dirette al miglioramento della qualità architettonica;
b) al miglioramento energetico e strutturale del patrimonio residenziale esistente e del
suo sviluppo funzionale nonché alla riduzione del rischio sismico;
c) ad incrementare, in risposta ai bisogni abitativi delle famiglie in condizioni di
particolare disagio economico e sociale, il patrimonio di edilizia residenziale pubblica
avviando un processo di riqualificazione di aree urbane degradate o esposte a
particolari rischi ambientali e sociali.
Per le finalità indicate nel comma 1 sono disciplinati interventi di incremento volumetrico
entro i limiti previsti nei successivi articoli 4 e 5 per i quali è ammessa la modifica della
sagoma planovolumetrica dell’edificio necessaria per l’armonizzazione architettonica con gli
organismi edilizi esistenti5 ed interventi di riqualificazione delle aree urbane degradate
previsti nell’articolo 8, da attuare con procedure semplificate sempre nel rispetto della
sicurezza dei luoghi di lavoro, dei lavoratori e dei cittadini.
Gli interventi previsti dalla presente legge regionale possono essere realizzati in deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e territoriali comunali,
provinciali e regionali, esclusivamente con riferimento ai limiti di densità edilizia, di altezza e
di distanza tra i fabbricati e di distanza dai confini, fatte salve le disposizioni definite dalla
normativa nazionale vigente».
Un universo mondo fatto di mattoni, mattoni ovunque per residenzialità o “socialità” pubblica. Da edificare o ristrutturare. Un impianto legislativo regionale negli anni rivisto in più punti tecnici fino alla (ingiustificata) proroga del 2021 che sposta il termine a fine dicembre del 2022. Movenza che per i giudici della Consulta è incostituzionale. Di fatto e di diritto. Potenzialmente un “terremoto” di proporzioni enormi per i cantieri e i mattoni di Calabria. «Il primo caso in Italia in cui accade una cosa del genere» commenta il mondo tecnico della magistratura griffata nazionale e di settore. La sentenza? «No, una proroga fatta in quel modo…».

I.T.