Il centrodestra che non c’è più, non più trino e uno ma uno e trino o ognuno per fatti propri. L’intifada Cinquestelle, i duellanti con la pistola nella fondina (Giuseppi e Giggino) già sono sulla collina arida di un film western di Sergio Leone. Il Pd e Letta a giocare (bene) di contropiede con squadra corta e fuorigioco anche se poi è toccato a Matteo Renzi far saltare il capo (la capa) dei servizi segreti del Paese perché il segretario del Nazareno non avrebbe potuto farlo.
Già, Matteo Renzi. Se è Salvini l’acronimo contemporaneo della sconfitta l’altro Matteo, quello che danza tra i due poli anche se ormai con quello di destra ha rotto, è tra gli artefici del ribaltone della notte di Belloni. La notte che all’alba disegna il Mattarella bis.
Il senatore Ernesto Magorno, renziano più che Iv, non spreca una mezza parola sulla prossima boa del partito ma il tono è lo stesso eloquente…
«Non è la prima volta – dice Magorno – che ho avuto l’onore di votare per il Presidente della Repubblica, ma ogni volta ho provato un’emozione diversa. Questa volta, forse, più diversa dal solito dal momento che l’elezione di Sergio Mattarella è arrivata al termine di una settimana per certi versi drammatica in un momento in cui i cittadini vivono diverse criticità a partire dal caro bollette. Questi giorni hanno palesato la grande distanza che purtroppo esiste tra la politica e la gente, una distanza che comprendo benissimo poiché essendo sindaco tocco con mano, quotidianamente, le difficoltà del Paese reale. Sono però orgoglioso di aver dato il mio contributo a rieleggere Mattarella perché rappresenta una garanzia di serenità per tutto il popolo italiano…».
Wanda Ferro è tutta la rabbia (ma anche la forza) di Giorgia Meloni con capelli ricci e più scuri… «La rielezione di Mattarella è il fallimento della politica, ma anche l’ennesima prova di un sistema istituzionale inadeguato, non al passo con i tempi, che rende le sorti della Nazione ostaggio dei più piccoli interessi di parte. Il centrodestra ha perso la grande occasione di far sentire finalmente rappresentati decine di milioni di italiani, anziché accettare che solo la sinistra possa esprimere personalità degne di ricoprire la massima carica dello Stato. La rielezione di Mattarella rappresenta un’anomalia istituzionale, ed ancor più grave è stato eleggerlo all’ottavo scrutinio, quasi fosse il frutto di un compromesso al ribasso. Si è scelto di congelare il Paese perché politici che non hanno più il consenso della gente possano continuare a conservare il potere e le poltrone ancora per qualche mese…».
Per la deputata Pd Enza Bruno Bossio Mattarella non è certo un evento a sorpresa per il Nazareno…«L’area Orfini l’ha proposto già nella Direzione nazionale del Pd del 13 gennaio. Ha parlato Orfini a nome di tutti noi. Con questo Parlamento così frastagliato solo 2 nomi potevano essere unificanti: Draghi e Mattarella. Draghi non poteva però spostarsi da Palazzo Chigi. Il primo giorno di voto quando sembrava che potesse essere lui il Capo dello Stato le Borse sono crollate e lo spread è salito. Oggi ha vinto la democrazia parlamentare. Mattarella lo abbiamo spinto dal basso in questi giorni, con il voto che si allargava sempre di più…».
Domenico Furgiuele, Lega, prova a cantare e portare la croce in nome e per conto di Matteo Salvini, a detta della media stratificata degli analisti il grande sconfitto da questa partita. Ma non va solo di contropiede, Furgiuele. Possesso palla e attacca pure perché dopo il concetto di rito recitante che «la rielezione del Presidente Sergio Mattarella costituisce una garanzia di stabilità democratica in un panorama politico che, francamente, non ha offerto il meglio di sé» ecco la “legnata”. «La politica dei veti praticata dal centrosinistra ha paralizzato ogni seria possibilità di poter eleggere un nuovo Presidente. C’è stato infatti chi in questa elezione, dall’inizio, ha apertamente lavorato per impedire la storica elezione di un presidente di centrodestra.
Sono usciti allo scoperto, meglio così, meglio saperle le cose, meglio sapere prima di chi ci si può o non ci si può fidare. Anche da qui è scaturita la consapevolezza del nostro segretario che, dopo sei giorni di tentativi, bisognava chiudere la partita per tornare ad affrontare i problemi gravissimi del Paese, in primis il dramma del caro bollette che rischia di travolgere i primi reali segnali di ripresa economica».
Poi c’è un “pensiero” privato di un non banale parlamentare Cinquestelle conterraneo, evidentemente alle prese con i preliminari dell’intifada (pro o contro Conte, pro o contro Di Maio) che è appena agli inizi ragion per cui preferisce rimanere nell’anonimato. Pensiero privato che non porta all’orizzonte cieli sereni… «È la morte dei leader attuali e delle loro leadership, la politica dei peones è tornata ad essere la politica dei parlamentari. Chi ha vinto? Tutti si intestano la proposta di un nome e la sua vittoria, non lo voleva nessuno eppure si è dovuto ricorrere al presidente Mattarella per porre fine ad un gioco che avrebbe portato al massacro i partiti o quello che è rimasto e la loro faziosità. La ricerca di un nome indicato dal centrodestra con le elezioni tra un anno ha messo paura, parliamoci chiaramente. L’Italia affidandosi a un nome di destra e ad una possibile prossima legislatura dello stesso colore avrebbe spostato la sensibilità degli italiani verso un’area che non gli appartiene. La paura di di non poter usufruire dei fondi programmati dal Pnrr ha fatto la sua parte, già l’Europa rivorrebbe parte dei soldi vista la capacità produttiva e quindi vorrebbe darcene di meno. La paura per una legislatura che sarebbe potuta finire prima del termine naturale ha poi fatto il resto, se non tutto. Molti, tra la riduzione del numero dei parlamentari e l’incertezza di essere rieletti, avrebbero salutato per sempre le Camere. Ha prevalso la paura rispetto a chi ha tentato di far politica e programmazione ed è stato sopraffatto da interessi. Anche il centrodestra ha perso, Salvini è finito. Chi ha mantenuto la barra dritta è stata la Meloni che sarà premiata dagli elettori ma fino ad un certo punto però. Per paura non la faranno mai vincere e governare. Nel panorama politico manca un’area moderata che deve essere occupata da chi non vive di estremismo e sotterfugi, da chi pensa di essere utile e con unico interesse: l’ltalia e gli italiani. Chi prima ci arriva può essere utile…».
Nessun giro di parole è lo slogan istantaneo di Roberto Occhiuto, che accoglie ovviamente a braccia aperte Mattarella ma che dai microfoni semi-aperti de La 7 aveva auspicato il voto quasi unanime (e tutto politico) per Pierferdinando Casini… «Nessun giro di parole: i gruppi dirigenti dei partiti hanno dimostrato tutti i loro limiti, e sono dovuti tornare al punto di partenza. Allo stesso tempo, per fortuna, le istituzioni sono in buone mani: il presidente Sergio Mattarella è un grande esempio, per senso dello Stato e per equilibrio. Grazie e buon lavoro, presidente». E se ci si azzarda a prefigurare scenari nuovi anche in Regione in virtù di un vecchio centrodestra che chiaramente è morto e sepolto Roberto Occhiuto usa la messaggistica minima presente sul cellulare, «alla Regione non cambia nulla».
Già, più chiaro di così. Solo che il verbo “cambiare” è coniugato però al presente…
I.T.