Ad un certo punto Cotticelli frastornato si alza. Non ce la fa più a balbettare e a prendere cazzotti sotto telecamera e anche le gambe lo incoraggiano ad uscire dal ring. Prova ad andare nell’altra stanza a rintracciare il documento del ministero nel quale ci deve stare da qualche parte la dritta nazionale sul piano Covid regionale, piano che non c’è. Ed è qui che, fuori onda, si sente chiaramente la voce della numero due dell’Ufficio del commissario (di fatto la numero uno e non da oggi) Maria Crocco. «Maria – dove è quel documento?» fa Cotticelli. E lei, «la devi smettere, ti ho detto che devi andare preparato in tv…».
Apologia, in pochi secondi, della Calabria letteralmente beccata in mutande in piena pandemia e con morti e feriti sul campo. E apoteosi dell’incapacità totale al potere con le telecanere di Rai 3 e di “Titolo quinto” che letteralmente inchiodano il balbettante Cotticelli al cospetto delle clamorose responsabilità dell’ufficio che per due anni ha guidato. Nessuna conoscenza reale dei posti attivi di terapia intensiva, meno che meno quelli messi in campo negli ultimi tempi. Ad un certo punto Cotticelli chiede all’usciere sulla porta dei numeri più precisi, sempre inchiodato dalle telecamere e sempre balbettando in progress, col sudore che scende sulla fronte come capita agli studenti che non hanno fatti i compiti interrogati la mattina alla lavagna. L’usciere per qualche secondo tiene il gioco, per pietà più che altro. Fa la voce del tecnico ma alla terza o quarta domanda si rintana, giustamente, nel suo ruolo, «e che ne so io, faccio l’usciere…». In pochi minuti, e in pochi secondi all’interno dei pochi minuti, lo strapotere della videointervista della vergogna. C’è tutto quello che non ci deve essere al comando della sanità commissariata di Calabria. Dopo il “cazziatone” di Maria Cotticelli rintraccia il documento del ministero e scopre, sempre sotto telecamera, che il piano Covid toccava al commissario produrre. Sì, proprio a lui. «Sì, tocca a me farlo. Domani, a stretto giro sarà pronto…». A questo punto il cronista commenta allucinato, «si rende conto che è una cosa grave scoprire solo ora che il piano Covid toccava a lei farlo?». «Sì, mi rendo conto. Cosa vuole che le dica, domani mi cacciano…». Forse non domani, è tardi. Forse oggi stesso o probabilmente anche ieri nel senso che il nuovo commissario è già nel mirino del ministero e non da oggi. Ma le telecamere impietose di “Titolo quinto” e l’intervista choc più disarmante della storia pandemica di Calabria offrono anche un’altra clamorosa e inattesa opportunità. Pescare e “punire” anche quello che non si vede e che prova a darsela a gambe in queste ore. Ha a che fare con le reali responabilità politiche di quanto accaduto ed è qui che conviene dare un’occhiata ai retaggi politici e al recente passato, alle appartenenze. Cotticelli viene nominato dal governo Cinquestelle-Lega. E, soprattutto, sono i Pentastellati a metterselo in quota con l’ex ministro Giulia Grillo ad averlo voluto fortissimamente al comando. È totalmente di pertinenza Cinquestelle la nomina politica di Cotticelli, proprio quello che chiede all’usciere i posti letto e a “Maria” il documento prendendosi il cazziatone. Dopo di che è toccato al senatore Morra prenderselo in “custodia” totale fino all’ultimo. È lui che in ogni modo ha preservato e protetto l’operato (a questo punto, il non operato) del generale commissario. E lo ha fatto, Morra, anche quando gran parte della deputazione Cinquestelle ha staccato la spina intuendo la deriva collettiva. Morra, secondo i bene informati che si aggirano furbescamente nel Palazzo, ha fatto il bello e cattivo tempo nella stanza del commissario ed è facilmente intuibile che ora si girerà dall’altra parte. Così come si gireranno in molti, gli stessi che ci hanno provato fin qui. Fino all’arrivo delle telecamere impietose, che non lasciano spazio ad alcuna interpretazione. Un’altra vergogna di Calabria è servita…
I.T.