Conte forza la mano e “commissaria” Speranza: così Longo la spunta su Rosi Bindi

Il premier si intesta totalmente la nomination del “superpoliziotto” alla guida della sanità di Calabria. L'ex ministro e presidente Antimafia ad un passo dalla nomina. «Un atto d'amore» le prime parole del nuovo commissario

Rosi Bindi era ad un passo dalla nomina a capo della sanità di Calabria. E nelle immediate ore che hanno preceduto il brevissimo Consiglio dei ministri sembrava averla spuntata ormai su tutti anche perché il lavoro di tessitura “politica” del Quirinale pareva aver addolcito tutti gli angoli, anche più i appuntiti. Ma in pochi avevano fatto i conti, stavolta, con la risolutezza (forse tardiva) proprio del premier Conte che ad un certo punto ha sparigliato tutte le carte imponendo un nome tutto suo. Della serie, me la prendo io la totale responsabilità. Non è dato sapere se sotto sotto “portatore” anche dei malumori Cinquestelle rispetto alla Bindi, sul tavolo polemiche non erano arrivate ancora. Sta di fatto però che ad un certo punto piomba in pochi minuti direttamente il nome che deve essere solo ratificato in Consiglio dei ministri, con buona pace del ministro Speranza che sulla carta dovrebbe essere il titolare (assieme a Gualtieri) della competenza sulla materia del commissariamento. Ma tant’è, macerie e ferite politiche a parte, ora la Calabria ha un nuovo commissario al vertice della sanità dopo un mese di vacatio. Più che un commissario, verrebbe da dire, un super gendarme che ha conosciuto in prima linea contrasto e gestione della lotta al più imponente crimine organizzato mafioso che c’è in circolazione. Dalla Sicilia, alla Campania, alla Calabria. E così dopo un generale dei carabinieri ecco un super poliziotto, ex prefetto ed ex questore. Per i cultori della materia “aziendale” della sanità, fatta di pulsioni manageriali e gestionali alle prese con miliardi di euro, ripassare probabilmente più in là anche se Longo verrà sicuramente affiancato da uno o più vice in grado quantomeno di illustrare come ci si approccia alla lettura di un bilancio. Ma tant’è. Del resto in piena stagione di ospedali da campo non poteva certo mancare il super gendarme che ha contribuito alla cattura di griffati mafiosi dal curriculum strepitoso. Dalla Sicilia, alla Campania, alla Calabria.
Longo nasce 68 anni fa a Catania. Si laurea in Giurisprudenza all’Università di Catania e conquista l’abilitazione all’esercizio della professione forense. Vincitore di concorso, accede, nel 1978, alla carriera di Funzionario di Pubblica Sicurezza. Nel 1979 gli viene attribuito il premio “Luigi Calabresi” quale migliore allievo della Scuola Superiore di Polizia. Sempre nello stesso anno viene assegnato alla questura di Reggio Calabria con l’incarico di dirigere una Sezione della locale Squadra Mobile. Successivamente, sempre della locale Squadra Mobile, ricopre l’incarico di dirigente della Sezione omicidi, coordinando importantissime operazioni di rilievo internazionale. Dopo la prima esperienza nella questura reggina arriva a Palermo nel periodo delle stragi nel ’92. Prima alla Squadra Mobile come dirigente delle sezioni narcotici e omicidi e poi come vice capocentro della Dia. Poi approda a Napoli, a Roma promosso al servizio centrale, a Caserta dopo la strage di Castelvolturno, poi nuovamente a Reggio e Palermo. A lui si devono, in Campania, i risultati di importanti operazioni antimafia tra cui la cattura dei superlatitanti dei Casalesi Antonio Iovine, Michele Zagaria e del capo assoluto del clan Francesco Schiavone detto “Sandokan”.
In Calabria è protagonista della cattura di Orazio De Stefano, Pietro Labate, Sebastiano Strangio, Francesco Nirta. In Sicilia di Bagarella. È il marzo del 2017 quando saluta Palermo e la “divisa” della polizia per approdare come prefetto a Vibo Valentia, dove resterà fino al 30 maggio del 2018. Il commiato dalla Sicilia e dalla polizia ha già parole importanti per la Calabria in quei giorni. «Torno in Calabria che ai miei inizi mi ha accolto a braccia aperte, lì mi sono formato. La ‘ndrangheta non sarà una novità per me, quello che è nuovo è l’approccio».
Oggi ancora un ritorno in Calabria, «un gesto d’amore» il primo commento del nuovo commissario. Non c’è più la ‘ndrangheta (formalmente) da combattere in divisa ma i conti della sanità in profondo rosso da risanare in doppiopetto. Sulla carta una missione nuova e diversa, sulla carta. A meno che qualcuno ha invece dedotto che alla fine si tratta sempre della stessa partita. Magari il secondo tempo…

I.T.