Alla fine Conte ha spiazzato tutti perché prima di lui è stato Speranza a rifiutare il cerino in mano del giorno dopo. Vale il report ultimo del 25 ottobre, sentenzia l’Iss e asserisce il Cts. Quindi Calabria ben sopra l’1,6 di Rt e quindi in piena zona rossa. Lockdowun pressocchè totale con divieto di spostamenti non solo da e per la Calabria ma anche dentro i confini regionali, quindi tra comuni. Chiusura di tutti gli esercizi commerciali fatta eccezione per alimentari, farmacie, ristorazione su appalto all’ingrosso. Decreto in vigore da venerdì perché si è concesso un giorno in più agli esercenti e ai cittadini per organizzarsi.
Per tutto il giorno la Calabria è stata inserita in tutte le mappe mediatiche colorata di “rosso”. Rosso lockdown eppure non erano in pochi quelli che speravano in un ribaltamento. A cominciare dal teatrino paradossale della politica conterranea che ha inondato le agenzie di stampa di pianti di coccodrillo, con appelli alla non chiusura totale sotto l’egida che, tutto sommato, la Calabria non se la passa poi così male. Della serie, qualcuno ha sbagliato a trasferire e rileggere i dati perché qui il Covid c’è ma non fa più paura che altrove. Tesi persino credibile se non fosse sostanzialmente stata generata e distribuita da quella stessa regnanza politica, sia pure sottoforma di derivati, che ha letteralmente saccheggiato la sanità di Calabria fino a renderla secolarmente meno sicura degli ospedali da campo in territori di guerra. Ha fatto poi da contorno alla giornata più assurda dei tempi moderni, con esrecizi commerciali che alla sera hanno salutato i dipendenti con la promessa ma non la certezza di rivedersi il giorno dopo, l’inevitabile ricalcolo delle terapie intensive e dell’indice Rt di Calabria. Con Tonino Belcastro, ancorman della ricerca milionaria sui topolini al Mater Domini, pronto a giurare che i dati non sono poi così cattivi. D’incanto e a poche ore dalla zona rossa la Calabria spedisce a Roma così tanti posti liberi nelle terapie intensive da poterci impiantare dentro una ludoteca. Non c’è più nessuno, d’incanto, con il tubo ficcato nei polmoni. Stanno più o meno tutti bene, o quasi. Anche i reparti sono improvvisamente frequentati ma più per “fissazione” dei malati di Covid che per altro. Ma tant’è. È il giorno dei valori da “abbassare”, come l’indice Rt per esempio. Che la Cittadella trasferisce più basso di un punto nel giorno della quasi zona rossa. Terepie intensive rilassate, reparti tranquilli, indice Rt che si abbassa mircolosamente. Qualche giorno fa l’eretico Crisanti (il prof che Zaia ad un certo punto ha allontanato dal circo magico perché ha il vizio di cercare e diffondere la verità) è stato profetico. Occhio che se si concede troppo campo libero alle Regioni in materia di fornitura dei dati e governance delle misure restrittive finisce che poi truccano i numeri. Crisanti profeta in patria in formulazione scontata, verrebbe da dire. Nel giorno delle griglie delle Regioni dati più clementi come d’incanto arrivano (ma inutilmente) praticamente da ovunque. Dal Piemonte, dalla Lombardia, dal Veneto, dalla Campania. Vuoi mettere la Calabria di Nino Spirlì, Tonino Belcastro, Mimmo Tallini? Quasi quasi il Covid non esiste più, nella notte che precede le griglie con i colori. Ma Speranza è uscito dall’angolo e non è cascato nella trappola del cerino in mano. Valgono i dati fino al 25 ottobre, prima del possibile “tarocco”. E così Conte ha fatto il notaio gentiluomo. Ecco le Regioni nelle diverse aree di rischio nella sera che non ti aspetti. Eppure qualcuno, dopo aver riletto i numeri frettolosamente fatti recapitare da Belcastro in formulazione indigena, di un “colore” si era convinto ormai. Non “rossa” e forse nemmeno “arancione”, nella sera prima del colpo di teatro di Conte. Ma di sicuro una tinta la Calabria se la conquista di diritto, avranno pensato in molti. Il “marrone”, il colore della merda che aspettava solo il Covid per venire a galla. Ma ecco il decreto che entra in vigore venerdì e che vede la Calabria nella zona più “ristretta”, la zona “rossa”…
I.T.