“Vi ricordate le ultime regionali calabresi, a gennaio 2020? Questo signore, attuale presidente del Consiglio Regionale della Calabria, di Forza Italia, in virtù del codice di autoregolamentazione della Commissione Antimafia, risultava impresentabile. A suo avviso ero io che mi accanivo contro di lui per una “vendetta personale”. Oggi si trova ai domiciliari. Ma era una “vendetta personale”. Così su Facebook il Presidente della commissione Antimafia Nicola Morra, commentando l’arresto del presidente del Consiglio regionale della Calabria, Domenico Tallini, 68 anni, di Forza Italia, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e scambio elettorale politico mafioso.
Gli hanno fatto eco i deputati M5S Paolo Parentela e Giuseppe d’Ippolito: “Sul piano politico e morale l’intero centrodestra della Calabria è devastato dalla notizia degli arresti domiciliari per Domenico Tallini, presidente del consiglio regionale della Calabria, nell’ambito dell’ennesima inchiesta antindrangheta coordinata dalla Dda di Catanzaro, nello specifico contro la cosca Grande Aracri di Cutro”.
E ancora: “Secondo quanto riportato dalla stampa, sarebbe stato accertato – proseguono Parentela e d’Ippolito – il rapporto di scambio tra Tallini e la cosca, nel senso che il primo sarebbe intervenuto al fine di agevolare la consorteria in un progetto di reimpiego di capitali, ricevendone il sostegno alle elezioni regionali del novembre 2014. L’arresto di Tallini conferma, indipendentemente dagli sviluppi giudiziari del caso, l’urgenza di un totale rinnovamento della classe politica in Calabria, che da tempo chiediamo all’elettorato, anche in virtù delle nostre innumerevoli denunce sull’inquinamento del voto nella regione e sul ricorrente uso del potere a vantaggio delle organizzazioni criminali e di affaristi in tutti gli ambiti dell’amministrazione pubblica, a partire dalla sanità. È singolare – concludono i parlamentari del M5s – che nel consiglio regionale della Calabria faccia bella mostra una targa con scritto “Qui la ‘ndrangheta non entra”, con cui, evidentemente, i partiti tradizionali pensano di essersi lavati la coscienza evitando di fare al loro interno quella pulizia morale tanto raccomandata da Paolo Borsellino, da Nicola Gratteri e dal Movimento 5 Stelle”.
E il collega pentestellato Francesco Sapia aggiunge: “Gli arresti domiciliari per il presidente del Consiglio regionale della Calabria, Domenico Tallini, chiamano in causa quella classe politica calabrese che ha sempre rinunciato al rinnovamento. Il Fatto conferma forse quei gravi timori che la compianta Jole Santelli aveva espresso al giornalista Peter Gomez. Sono gravissimi gli addebiti nei confronti di Tallini, che per gli inquirenti – prosegue Sapia – avrebbe avvantaggiato la cosca Grande Aracri di Cutro in cambio di voti alle Regionali del 2014. La maggioranza politica della Regione Calabria ne esce travolta sul piano morale. Dunque si ripresenta la necessità e l’urgenza di fare pulizia nei partiti, di affrontare di petto la questione morale, senza più ipocrisia. Bisogna guardare la realtà e smetterla di far finta che non ci sia. Da anni – ricorda il parlamentare del M5s – denunciamo formalmente la penetrazione criminale nelle istituzioni, il condizionamento dell’amministrazione pubblica e il dominio di potentati mafiosi o d’affari nella gestione dei soldi della comunità, con particolare riferimento alle aziende del Servizio sanitario regionale. È giunto il momento di fare piazza pulita di tutti quei politici che sono rimasti immobili e silenti rispetto ai rapporti tra politica e criminalità, tra politica e comitati di interessi. La responsabilità, come di recente ha ricordato il magistrato Piercamillo Davigo, non è soltanto di chi sguazza in questo sistema, ma è anche, e forse in primo luogo, di chi tifa, anche semplicemente negando il problema, per quanti a questo sistema immorale appartengono”.
Arresto di Tallini, Morra: “Il suo nome nella lista degli impresentabili”
Il presidente della Commissione parlamentare antimafia: “All’epoca questo signore parlò di vendetta personale”. I parlamentari cinquestelle sollevano la “questione morale”