Cosa non si fa, e cosa non s’è fatto, per avere (il grande) Giovanni Minoli al vertice delle “pellicole di Calabria”, la “film commission” che talvolta riesce a trasformarsi, con discreta disinvoltura, in fiction autoctona. Prodotta dalla “natura”. L’esegeta di Mixer e Report, l’ispiratore dei più intriganti contenitori televisivi a format di intelligenza pura, era uno degli obiettivi mediaticamente più esponibili di Jole Santelli (e del suo circo a tratti magico). Un asso di cuori da giocarsi al tavolo da poker più alto, quello della rigerenazione innanzitutto espositiva della Calabria, per la sostanza c’è sempre tempo. Ma Minoli, corteggiato e “amoreggiato” con la musica sotto di un film di Sergio Leone, la grande sfida di Calabria non se la poteva giocare da presidente della fondazione né, tantomeno, da presidente onorario così come prevede il nuovo statuto rigenerato di zecca poche settimane fa. Per una ragione molto ma molto semplice e al contempo piena di euro: Minoli è pensionato doc e da qualche parte uno degli ultimi ministri ha fatto cenno in un decreto che con questo “status” non si possono ricoprire cariche pubbliche e dirigenziali. Presidente no, quindi. Ma commissario sì, non lo impedisce nessuno. Sempre del grande Minoli si tratta e che faccia il presidente o il commissario poco importa. Resta solo un “piccolo” problema ai burocrati della regnanza di Jole Santelli, occorre commissariare la fondazione “film commission” prima di nominare un commissario. E sennò come si fa. Solo che allora c’è un altro problema ancora, a monte prima di scendere a valle. Le fondazioni non si commissariano con una firma digitale o con un decreto e nemmeno con un battito di ciglia. Fanno parte di un altro “ombrellone” giuridico, occorrono motivazioni straordinarie (che non ci sono), oppure soggetti terzi che non siano l’ente fondatore, la Regione appunto. E poi non si può neanche commissariare la fondazione con la scusa della rimozione del presidente in carica, il comando di Pino Citrigno è scaduto a giugno e a tutti gli effetti la Cittadella poteva e doveva nominare un nuovo presidente. Ma Minoli non può fare il presidente, il perché sta negli euro della pensione. E quindi deve fare per forza il commissario di una fondazione che sulla carta non può essere commissariata e che non aspetta altro che un nuovo presidente, il vecchio è “scaduto”. Non resta altra via d’uscita allora se si vuole fortissimamente Minoli a capo delle pellicole di Calabria. Cambiare le carte in tavola, le regole del gioco. E, naturalmente, cambiarle pre mortem e non a messe recitate. È del 2 luglio il “trapianto di dna” della fondazione “film commission”. Il suo sostanziale snaturamento. Si cambia lo statuto e se ne approva un altro. Con quali presupposti giuridici? Chissà, si vede dopo questo quel che conta è che ora sì che è destinata facoltà all’ente fondatore di commissariare, nelle more dell’individuazione di un presidente a tutti gli effetti, anche la fondazione che dovrebbe produrre corti di Calabria. Nel nuovo statuto è prevista la figura del presidente e persino del presidente onorario, le personalità griffate proprio come Minoli. Che però solo il commissario può fare e infatti si procede per il “bingo”. Cambiato lo statuto, si va fino in fondo. Siamo al 29 luglio, Giovanni Minoli è nominato commissario straordinario della fondazione “Calabria film commission”. Cosa non s’è fatto per averlo al vertice delle pellicole che verranno. Anche cambiare le regole appesantite del gioco con la “scusa” della gestione commissariale in attesa, senza fretta, di individuare un nuovo presidente. Tirare un po’ il fiato della burocrazia, insomma. Proprio l’esatto contrario di un altro decreto, questo del 14 luglio, mese infuocato a quanto pare. La regnanza della Cittadella “sentenzia” che si possono snellire tutte le procedure per le designazioni delle figure apicali della Regione nonché nelle società partecipate e nelle fondazioni. Come la film commission, tra l’altro. Detta in altri termni nel decreto 14 del 14 luglio c’è l’antologia burocratica che consente alla regnanza di procedere con celerità e decisionismo a individuare ogni “comandante” per enti regionali e società partecipate. Esattamente la strada opposta al commissariamento. Subito i presidenti. Ma con “film commission” non si può, Minoli non può fare il presidente. “Senza oneri a carico del bilancio”, recita l’atto di nomina. Che nel gergo post moderno dei Palazzi può voler dire tutto e il suo contrario. Anche se è chiaro a tutti che Minoli ha accettato di risollevare le pellicole di Calabria solo a titolo gratuito…
I.T.