Non è passata inosservata (né poteva) “l’annunciazione” della presunta ottima performance di spesa e rendicontazione della Regione Calabria in materia di fondi Ue. Il quarto posto su scala nazionale (dietro Lombardia, Emilia e Veneto) per percentuale di spesa, con un residuo del 33,4% ancora da certificare pari a 149 milioni su di un totale di 446. Da qui al trionfalismo infrasettimanale il passo è stato breve, se non scontato. Eppure c’è qualcosa di grosso che non torna e che nelle ultime ore sta “montando”. Questi dati che sono circolati anche sottoforma di agenzie di stampa e tratti dal Fondo Ue di sviluppo regionale non sono confermati dai dati ufficiali in possesso della Commissione Ue, che come è noto viaggia su canali decisamente più autorevoli. In possesso del governo dell’Unione c’è invece il dato di spesa accertato di 209 milioni e non di 297, che poi è invece la cifra circolata in settimana. Una differenza non da poco, una novantina di milioni. Ma c’è di più e di più importante che ha a che fare con il target intermedio di spesa minima da raggiungere entro il 31 dicembre di quest’anno (tecnicamente si chiama performance framework). Un tetto minimo di spesa fondamentale da raggiungere, pena la perdita stessa dei fondi che vengono poi simultaneamente destinati ad altre regioni. Lo stesso Fondo Ue di sviluppo regionale, nel diffondere i dati in settimana e la presunta quarta performance di spesa per la Calabria su scala nazionale, fissa in 446 milioni questo tetto, questo target intermedio. Ma i dati ufficiali della Commissione Ue raccontano un’altra realtà e cioè di un tetto inizialmente fissato in 595 milioni, cifra enormemente più lontana da raggiungere se dovesse essere confermata fino alla fine. E non a caso, ed è questa un’altra novità importante, l’autorità di gestione del Por Calabria qualche mese fa ha chiesto ufficialmente alla Commissione Ue una revisione dello stesso target autonomanente fissato in precedenza. Una revisione al ribasso di ben 232 milioni che dovrebbe spostare il target di spesa (fondi Fesr e Fse) al 31 dicembre del 2018 appunto da 595 milioni a 363 milioni. La differenza, se confermata, non è da poco perché da un lato agevola (se accordata la revisione) il raggiungimento del fondamentale target dall’altro “confessa” in qualche modo una sovrastima della capacità di spesa inizialmente fissata. Solo le regioni che hanno raggiunto gli obiettivi intermedi al 31 dicembre potranno contare sulla “riserva di efficacia dell’attuazione” che sostanzialmente è pari al 6% delle risorse stanziate. Sono in corso approfondimenti sul tema ma è del tutto evidente che la posta in gioco è alta se si considera che diversi milioni non “tornano” sia nella spesa e nella rendicontazione sia nel tetto da raggiungere che l’ autorità di gestione dei fondi Por ha chiesto alla Commissione di rivedere al ribasso.
I.T.