Principe e la “vandea grillina” . «Non c’è futuro per il Pd»

I gialloverdi al potere sotto gli occhi dello storico leader del riformismo rendese. «Il Sud è stato abbandonato da centrodestra e centrosinistra, ora però il governo che è appena nato merita solo le nostre preghiere ai santi... ». «Oliverio ricandidato? Non mi pare che goda di un grande apprezzamento... ». Il nuovo ospedale dell’Annunziata all’Unical e un “pensiero” a Manna: «È una brava persona, certo il Comune di Rende è una macchina complessa... »

Neanche chi s’è fatto perforare da un proiettile sparato da pochi metri, entrato e uscito dall’altra parte del cranio senza esserne ucciso, può sentenziare che sapeva come sarebbe andata a finire. Che avrebbero governato i “gialloverdi” un giorno… «È vero quello che dice e però guardi che i segnali c’erano tutti. Ma proprio tutti… ».

Sandro Principe, suo il cranio perforato con balistica stupefacente nel 2004 al taglio del nastro della chiesa San Carlo Borromeo a Rende dalla mano armata di un “folle” con qualche ragione sociale per esserlo, può anche essere il volto iconografico di tre “repubbliche” attraversate.

E senza per questo immaginare che quella vissuta possa essere l’ultima per lui. Un big, un pezzo da novanta. Un volto segnato e che la sa lunga.

«Se mi sta chiedendo come è stato possibile arrivare a questo, ai grillini e alla Lega al potere, l’accontento. Il centrodestra ed il centrosinistra hanno abbandonato per 20 anni il Mezzogiorno. Ciò ha favorito la vandea grillina, con la elezione di un reggimento di parlamentari sudisti che non si sa chi sono, cosa pensano, cosa fanno, di cosa sono competenti ed a chi rispondono».

Però in valigia i voti li hanno portati loro a Roma… «Ma il governo che è appena nato è un’altra cosa, non rispecchia la volontà popolare, poiché gli elettori di Lega e 5Stelle hanno votato movimenti e programmi che sono oggettivamente alternativi. L’imprenditore del Nord che pretende sicurezza e bassa tassazione esprime interessi opposti al disoccupato meridionale che chiede sostegni. Ed, infatti, se il nuovo governo attuasse il cosiddetto “contratto” il Paese salterebbe finanziariamente, fallirebbe. Ma anche sui principi si sono messi insieme istinti negativi: mancanza di solidarietà, disprezzo per i diritti civili e per i diversi, politiche fiscali che aumentano la distanza fra i ceti sociali, egoismo ed assistenzialismo che non serve all’Italia che ha bisogno di crescita per dare ai giovani la dignità del lavoro».

Durerà? «Non lo so, nessuno può saperlo. Intanto, non ci resta che pregare i nostri santi protettori». I “gialloverdi” conquisteranno anche la Calabria, il governo di Oliverio fa da deterrente o piuttosto da apripista? A proposito, che mi dice del governatore..? «Preferisco non rispondere. Faccia la stessa domanda alla gente e verificherà il comune sentire. Quando questo sentire è non positivo oggettivamente, crescono i signor no che promettono la luna nel pozzo».

E il Pd? Non era l’argine naturale? E per quello conterraneo che strada intravede? «Per quanto mi sforzi, non riesco ad immaginare un futuro per questo Pd calabrese. È solo servito a salvare in parte una classe dirigente chiusa e autoreferenziale». Stesso destino per il marchio in generale? «Lo schieramento progressista ha bisogno di reinventarsi con una nuova identità che possa rappresentare i più deboli, ma anche i ceti più dinamici e produttivi. Infatti, per sostenere chi è rimasto indietro bisogna redistribuire risorse. Ciò si può fare se il Paese cresce, altrimenti le distanze sono destinate ad aumentare».

Mi sta dicendo che con queste regole del gioco e con questa economia che passa il convento non è aria per nessuna idea progressista? «Certamente in un sistema elettorale proporzionale e con due movimenti radicali a destra e sull’altro fronte è difficile far nascere questo nuovo soggetto moderato, educato, rispettoso dei ruoli istituzionali ed autenticamente riformista».

Nell’attesa, qualcuno che abbia delle “visioni” nuove non guasterebbe, soprattutto dalle nostre parti…«Certamente una istituzione come la Regione non necessita di un semplice rinnovamento generazionale della classe dirigente. Serve ben altro. Comunque, pur cercando con il “lanternino di Diogene” stento ad intercettare idee e visioni».

Come vedrebbe una ricandidatura di Oliverio a governatore? «Non mi pare che goda di un grande apprezzamento per come sta governando. In ogni caso, è la coalizione di centrosinistra che deve porsi il problema, non io. Certo non apprezzo le autocandidature».

Cento anni da Cecchino, inteso come Principe. Abbiamo titolato così qualche tempo fa in occasione del convegno del centenario. Oggi c’è più spazio per essere leader in quel modo? «Guardi che “in quel modo” leader lo siamo già stati sotto il profilo amministrativo. Nel 1980 abbiamo trovato lo scheletro di una città. In 30 anni gli abbiamo dato muscoli, tendini, cuore, cervello, polmoni ed il resto. Abbiamo cioè realizzato la Rende che oggi è sotto gli occhi di tutti. Sul piano politico, invece, è praticamente impossibile ripetere esperienze di leadership come quella di mio padre; soprattutto perché mancano i partiti che erano le organizzazioni dove la cultura, l’intelligenza e la competenza della persona potevano fare di questa un leader».

Nel frattempo Rende si sta allenando sottotraccia in vista del voto del prossimo anno… «Il mio augurio è che dall’allenamento si esca con una nuova classe dirigente degna del livello della città e che sappia guidarla in futuro inseguendo visioni ed utopie alte. Rende è diventata quella che è oggi in pochi anni grazie ad amministratori capaci di elaborare utopie per farle poi diventare realtà».

Pensa di giocare un ruolo? «Hanno fatto di tutto per farmi fuori, ingiustamente e sul nulla. Il niente che è niente. Sono, quindi, molto amareggiato, anche deluso dal comportamento dei cittadini. Alla città ho voluto bene e voglio bene. Vorrei darle una mano a risalire la china. Vedremo in che modo e se ci saranno le condizioni».

E Manna? Che giudizio s’è fatto? «Non amo giudicare. È il mestiere più difficile e richiede competenze e senso di responsabilità che spesso mancano a chi esercita questi ruoli delicati. Manna è una brava persona. Certo, il Comune di Rende è una macchina complessa, difficile da guidare; richiede una conoscenza capillare dei problemi, dei meccanismi amministrativi e delle persone».

E poi di tanto in tanto rispunta il mediatico “dinosauro” dell’area urbana… «L’area urbana esiste perché è stata costruita la nuova Rende. Senza Rende l’area urbana non esisterebbe. Il problema è di sperimentare la migliore forma istituzionale per governarla nel suo insieme. Gli incompetenti vorrebbero subito la città unica. Personalmente sono per l’unione dei Comuni per sperimentare la gestione unitaria dei servizi. Prima di sposarsi è sempre meglio fare le prove con un adeguato fidanzamento».

E il nuovo ospedale dell’Annunziata a Rende? È praticabile la cosa? «La realizzazione del nuovo ospedale non deve significare l’abbandono dell’Annunziata, tanto per cominciare. Per costruirlo ci vorranno anni e, nelle more, l’Annunziata non può restare nello stato di abbandono odierno. Il nuovo ospedale lo costruirei nell’aerea universitaria. È baricentrica, è servita da grandi infrastrutture, i suoli sono già di proprietà pubblica e si eviterebbe l’esproprio con i relativi costi. Inoltre, all’Unical si insegnano già le materie del primo triennio di medicina. I reparti del nuovo ospedale potrebbero, quindi, diventare le cliniche universitarie per la istituzione della facoltà di medicina».

 Domenico Martelli