La vita non è un gioco. Un processo simulato prima che diventi vero…

Udienza interpretata alla perfezione, in Corte d'assise a Cosenza, dagli alunni dell'Istituto comprensivo di Rende Giovanni Falcone, coordinati dalla professoressa Gagliardi, in collaborazione con l'associazione "Ciak". Testi e dialoghi a cura del Tribunale per i Minorenni di Catanzaro

Simulare un processo penale. In tutto e per tutto. Prima che diventi vero, oppure che non lo diventi mai che è poi l’obiettivo “etico” del progetto. Configurare ai minori la “realizzabilità” della vita che non gioca più. Che fa paura. Che toglie il sorriso. Fargliela toccare con mano la fifa vera, l’averla fatta grossa al punto tale d’essere spediti in un’aula di tribunale così da conoscere nelle solenni modalità di rito il proprio destino. Anche, e soprattutto, da minori.
Si nutre di un altro indiscusso successo l’udienza simulata in Corte d’assise a Cosenza con protagonisti (e “attori”) gli alunni dell’Istituto comprensivo di Rende Giovanni Falcone, coordinati dalla professoressa Silvia Gagliardi con la collaborazione della professoressa Angela Ferraro. Un istituto scolastico che si distingue particolarmente per la “messa su strada” delle nozioni, dei saperi, nella vita reale e valoriale dei ragazzi alle prese con l’insidiosa quotidianità. Gli avvocati Anna Rita De Franco e Maria Gabriella Cavallo, dell’associazione “Ciak”, hanno curato la formazione degli alunni nella veste di giudici, presidenti di collegio, pubblici ministeri, avvocati, imputati, testimoni. Prima dell’udienza simulata i saluti del presidente della Seconda sezione di Corte d’assise di Cosenza Paola Lucente.

“Una palestra da sballo” il titolo del copione che diventa udienza simulata, sceneggiatura di Francesco Eboli. Un testo curato nei dialoghi dai giudici togati e onorari del Tribunale per i Minorenni di Catanzaro con contributi della Camera Minorile “Mazzotta” di Cosenza e dell’associazione “Ciak”. Tutto è così verosimile nella forma e nella sostanza da far fatica a smarcarsi dalla realtà. Una “palestra da sballo” è l’iconografia dei nostri tempi, con il male feroce dietro l’angolo. Dentro uno spaccato simbolico dove ci sta più o meno tutto. Il disagio minorile (e familiare) dei nostri tempi che si fa crimine quando cresce nell’illegalità consolidata. Il ragazzo di buona famiglia che viene attratto dallo sballo, dalla canna. La banda che spaccia, i complici, i testimoni, le fidanzate o gli amici con pentimento tardivo. E la “notizia criminis”, il fatto che fa da detonatore. L’incidente in moto del bravo ragazzo che non sa (o poco gliene importa) che il suo sballo reiterato è frutto di attività criminale dietro, la banda di spacciatori è del suo “status” e di chi come lui che si alimenta. I genitori del minore in ansia da sballo denunciano e scattano le indagini. Il perimetro del crimine, tra eccitazione per alcuni e vera e propria attività di guadagno per altri, è la classica palestra che dà sulla scuola. L’anfiteatro naturale più anfiteatro che c’è. Militari e polizia giudiziaria sequestrano droga e soldi e soprattutto l’illusione che fosse tutto un gioco. Ma un gioco non lo è per niente.
Si arriva in aula, inizia il processo. Il redde rationem tra sogni e realtà. Si diventa grandi per forza lì dentro anche se i 18 anni solo lontani. E qui testi, progetto e coordinamento scolastico offrono il meglio con la simulazione didascalica di ogni passaggio. Anche con tempi e lessico appropriati. I ragazzi affrontano l’esegesi dell’essere imputati, testimoni, condannati, assolti, affidati al Map (messa alla prova, una specie di redenzione sul campo con sentenza definitiva post mortem, cioè rinviata). Nel mezzo passaggi tecnici cruciali come arringhe, sentenze, dispositivi, requisitorie, esame e controesame, incidente probatorio. E poi la pena sospesa, le attenuanti generiche, la riduzione della pena, la pena in concorso, la reiterazione del reato, la serialità. Un processo vero in tutto e per tutto, non fosse appunto solo “simulato”. Con la condanna per chi spaccia e fa impresa del male, le attenuanti e riduzione di pena più o meno per tutti. La redenzione e l’assoluzione per altri dopo il Map, la messa alla prova. Una interpretazione tecnicamente curata in ogni dettaglio con sullo sfondo il messaggio “etico” più profondo che è poi all’origine del progetto che coinvolge tutte le scuole della Calabria. Con la vita non si gioca, neanche da minorenni. E dare un’occhiata ad un processo simulato può essere utile. Prima che diventi vero, o nella speranza che non lo diventi mai…