
L’opera -presentata la scorsa domenica al Mulinum di Stefano Caccavari durante la festa della trebbiatura- narra “l’equazione sonora dell’utopia raggiungibile del Mediterraneo” con diversi linguaggi: “necessari per meditare, ascoltare, creare”, dice l’allievo di Michelangelo Pistoletto la cui installazione s’inserisce proprio nell’ambito delle attività di “Terzo Paradiso”, l’ambizioso progetto del maggiore esponente dell’arte povera.
La call ha visto l’adesione da parte di diversi paesi: dalla Palestina alla Grecia ad ogni latitudine del mare nostrum è arrivato il messaggio di unità lanciato da Avital.
Centottanta campane hanno suonato all’unisono la melodia ancestrale che: “ci restituisce il senso di comunità attraverso le differenze”, prosegue l’artista che sottolinea come: “la diversità, il suo segno, diventa vettore metafisico”.
Sta qui il significante dell’opera che: “nell’esaltare la molteplicità dei linguaggi diviene, in quanto arte, trasformazione reale della realtà”.
I confini, le distanze si annullano in questo anelito che è anche memoria: “è la donna mediterranea, legata alla cultura matriarcale, alla terra al dolore, alla vita come atto creativo”.
Lo spettatore diviene così esecutore, è all’interno dell’opera: il soggetto -di rimembranza foucaltiana de “Le parole e le cose”- scompare esso stesso superando il
concetto di prospettiva, ribadendo il meccanismo di de-produzione che fa dell’arte artificio esperenziale.
In questo continuo rimando tra arte e vita sta la lectio di Pistoletto: il “Terzo paradiso” è segno collettivo, atto creativo: “il primo chicco di grano del giardino dei sonagli”.ù