Con un lessico rivisto e solennizzato, fonicamente anche provato dalle polemiche furibonde e dalle inchieste della magistratura sullo sfondo, il ministro degli Interni Piantedosi informa il Parlamento sulla tragedia di Cutro stando bene attento però a non arretrare di un millimetro rispetto alla drammatica conferenza stampa di Crotone. Anzi, se possibile, raddoppiando in termini di inquietudine che ne viene appresso. Sono disgraziati, nessuno deve permettersi solo di pensare che lo Stato non li ha voluti salvare, dobbiamo cambiare le regole europee, siamo tutti col cuore sanguinante etc etc. Detto questo, e veniamo al “vero” Piantedosi non si sa fino a che punto in versione totalmente governativa (nel senso che non è chiaro se tutti lo proteggono), sbaglia sempre un tantino di più chi parte in quelle condizioni e con quel mare e con quei delinquenti degli scafisti. Se non siamo alla “te la sei cercata” delle prime ore poco ci manca. La sostanza fondamentalmente non cambia e anzi peggiora col passare dei decibel e della fonetica in Aula. Perché Piantedosi elenca tutta una serie di tragedie in mare e cita anche quelle distanti centinaia di chilometri dall’Italia e in acque palesemente straniere. Come fossero più o meno tutte a 100 metri dalla battigia di Steccato di Cutro, Italia. Roba che in estate ci arrivi con il materassino. Ma Piantedosi nella sua narrazione (poco) difensiva cita tutto e il suo contrario e per poco, si fa scappare qualche buontempone in Aula, non elenca tra le (potenziali) stragi ij mare anche la barca di Noè.
Poco, più tendente al niente, sul gioco a “ping pong” tra Guardia di finanza (ministero suo, degli Interni) e Guardia costiera (i Trasporti di Salvini). Esce in mare la prima, per una operazione di polizia, di sostanziale respingimento. Non ce la fa a procedere per il mare grosso e rientra, avvisando evidentemente la Guardia costiera e la Capitaneria di porto. Dopo di che le versioni documentate non coincidono, a parte la narrazione surreale di Piantedosi. E un corpo, di fatto, “scarica” sull’altro. È così anche tra dicasteri? Chi nasconde cosa, e perché? E chi protegge chi? Se rientrano imbarcazioni della Finanza per il mare grosso cosa fa di riflesso la Guardia costiera? Anche continuando (incredibilmente) a considerare di polizia l’operazione cosa decide di fare la Capitaneria di porto? Lascia annegare trafficanti e migranti clandestini o sottovaluta che ci possano essere anche passeggeri? Oppure la Guardia di finanza quando è rientrata non ha comunicato bene (o per niente) la sua retromarcia?
Per Piantedosi Frontex non ha lanciato nessun segnale. Ha “solo” fotografato con scanner termico “umani” in una baracca galleggiante e con «buona navigabilità». Può bastare questo per chiudere baracca e augurarsi buonanotte?
E poi ci sono le “tracce” che restituiscono diverse segnalazioni ben prima le 6 ore di Frontex.
Tutto in mano alla procura, ovviamente.
Negli scorsi giorni alcuni di questi verbali sono stati riportati dalla stampa. Vi si può leggere di una telefonata che potrebbe essere arrivata dalla barca poco prima del naufragio, ma anche di altre telefonate arrivate alla Guardia costiera nel cuore della notte che, citando fonti diverse – un post su Facebook, un parente in Germania – hanno lanciato l’allarme sul naufragio.
Come detto, la barca che portava a bordo quasi duecento persone migranti era partita nella notte tra il 21 e il 22 febbraio da Cesme (Smirne), in Turchia. Dopo tre giorni, alle ore 22:26 di sabato 25 febbraio, un aereo di Frontex l’ha intercettata. Frontex è l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera e, per regola, non interviene nei soccorsi ma segnala le imbarcazioni alle autorità competenti. L’aereo Eagle1 ha seguito l’imbarcazione fin quando ha potuto, poi ha dovuto lasciarla per mancanza di carburante.
Alle 23.03, Frontex ha lanciato una segnalazione al Centro di coordinamento internazionale (Icc, International coordination centre). Il Centro ha sede nel Comando aeronavale della Guardia di finanza, a Pratica di mare, vicino a Roma. Frontex ha messo in copia altri 26 indirizzi per conoscenza, tra cui anche quello della Guardia costiera italiana.
Il messaggio dava coordinate precise, a circa 40 miglia dalla costa italiana, indicava la velocità dell’imbarcazione e aggiungeva alcune informazioni: “Giubbetti di salvataggio non visibili, buona galleggiabilità. È stata intercettata una chiamata satellitare dal natante alla Turchia. Una persona sul ponte. Gli oblò di prua sono aperti, con significative tracce termiche dagli oblò – possibili altri sottocoperta”.
«L’unità risultava navigare regolarmente, a 6 nodi e in buone condizioni di galleggiabilità, con solo una persona visibile sulla coperta della nave», ha spiegato la Guardia costiera. «A seguito di tale segnalazione, la Guardia di finanza comunicava l’avvenuta attivazione del proprio dispositivo, già operante in mare, per intercettare l’imbarcazione». Trovare l’imbarcazione è stata considerata un’operazione di polizia per fermare un tentativo di immigrazione irregolare, non una missione di soccorso.
Il portavoce della Guardia Costiera, Cosimo Nicastro, ha detto che il naufragio non era «prevedibile alla luce delle informazioni che pervenivano», perché «gli elementi di cui eravamo a conoscenza noi e la Guardia di finanza non facevano presupporre che ci fosse una situazione di pericolo per gli occupanti. Non erano arrivate segnalazioni telefoniche né da bordo né dai familiari». Così, circa un’ora dopo la segnalazione di Frontex è intervenuta la Guardia di finanza. La Vedetta V5006 è partita da Crotone, il Pattugliatore veloce PV6 Barbarisi da Taranto. Ma che ben presto rientra e consegna il testimone, la patata bollente, alla Capitaneria. Mare troppo impegnativo per operazione di polizia, chiude la pratica la Finanza. Mentre la Guardia costiera fa sapere che allo stato non può fare altro perché priva di mezzi all’altezza.
Sono due versioni evidentemente diverse. La Guardia costiera non ha dato “riscontro” alla Gdf che chiedeva un suo intervento, oppure ha detto che non aveva unità operative nella zona ma che era pronta a mandarne in caso di necessità?
Infine, la stessa relazione della Guardia di finanza già citata indica che «alle ore 03.50 la Sala Operativa del Provinciale GdF di Vibo Valentia, mediante la postazione della rete radar costiera, acquisiva un target verosimilmente riconducibile alla segnalazione Frontex». Alle 3.50, quindi, i radar avrebbero individuato un’imbarcazione che poteva essere quella che trasportava quasi duecento persone migranti. In quel momento, mancava meno di mezz’ora al naufragio. Perché, però, la Guardia costiera ha detto di aver ricevuto la prima segnalazione su una «imbarcazione in pericolo a pochi metri dalla costa» non prima delle “4.30 circa”, da parte di «soggetti presenti a terra»?
La segnalazione è arrivata da alcuni carabinieri presenti, dato che nel frattempo la Guardia di finanza aveva rinunciato alle ricerche in mare e stava aspettando la barca arrivasse a terra per intercettare i migranti irregolari. Solo dopo il loro allarme è partita la missione Sar della Guardia costiera. La Capitaneria di porto di Crotone ha detto nella sua relazione di aver ricevuto la prima segnalazione alle 4.37. La prima pattuglia di terra della Guardia costiera sarebbe arrivata alle 5.35. Era, evidentemente, troppo tardi.
Non per il procuratore di Crotone, però. Che ha tutto il tempo per indagare. Scrupoloso com’è, così come lo conoscono del resto gli amici Mantovano e Giorgia Meloni di cui è stato consulente in un governo precedente. «Qui finisce che a Crotone scoppiano disordini civili e non si capirà più niente» si fa scappare un deputato tra i corridoi. «E non sono solo io a pensarlo…».
I.T.