‘Ndrangheta, cosche vibonesi alla sbarra: ammesse le deposizioni di tre pentiti

La Dda aveva citato come testi nove collaboratori di giustizia in riferimento alla posizione dell'avvocato Giancarlo Pittelli

Il processo “Rinascita-Scott”, che vede alla sbarra le cosche del Vibonese, si arricchisce di un nuovo capitolo. Il Tribunale collegiale ha, infatti, sciolto la riserva sulla richiesta suppletiva di prova avanzate dalla Dda di Catanzaro nell’ambito del processo , ammettendola, ma solo in forma parziale. Dei nove collaboratori di giustizia, infatti, proposti dall’Ufficio del procuratore Nicola Gratteri, che avrebbero dovuto riferire in ordine alla posizione dell’avvocato Giancarlo Pittelli, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, ne sono stati ammessi solo tre. Tra questi Nicola Femia, 61 anni, di Gioiosa Ionica, che agli inquirenti aveva raccontato che anche lui si sarebbe rivolto al penalista al fine di individuare una soluzione alla situazione processuale in cui si trovava aggiungendo di avergli consegnato 50mila euro “poiché mi riferiva di aver trovato il modo per poter aggiustare la sentenza di primo grado”; in più aveva raccontato che il boss Antonio Mancuso gli confidò che sempre Pittelli era stato politicamente “portato avanti” direttamente da lui, con la raccolta di voti in occasione delle politiche dove l’ex esponente di Forza Italia era candidato.

Altri collaboratori per i quali era stata chiesta l’escussione sono Dante Mannolo, di San Leonardo di Cutro, il quale aveva riferito a suo tempo che Pittelli consegnò 100 milioni di lire al vertice della cosca per consentire la compravendita di un villaggio turistico, Angelo Santolla di Cosenza per il quale “per noi era cosa risaputa che l’avvocato Pittelli fosse in grado di fornirci informazioni sulle indagini in corso”, e ancora Antonio Genesio Mangone, l’avvocato catanzarese che “apriva conti correnti, faceva ottenere agevolazioni nell’ambito sanitario, affidamenti dalle banche, faceva conoscere persone importanti come direttori di banca e anche politici”. A seguire Marcello Fondacaro, di Gioia Tauro, Domenico Antonio Critelli di Cariati, Francesco Farao, di Cariati, Nicola Acri che fanno riferimento ad un omicidio molto risalente nel tempo quello di Mario Mirabile, ucciso a colpi di arma da fuoco il 31 agosto del 1990 a Corigliano. Un fatto di sangue con un lunghissimo iter processuale nel quale avrebbe rivestito un ruolo determinante proprio Giancarlo Pittelli che avrebbe corrotto un giudice. Infine Maurizio Cortese, che parlando dell’esistenza del “Sistema” o “Cosa nuova”, indicandolo come un anello di congiunzione tra ’ndrangheta, massoneria e istituzioni, aveva inserito anche la figura di Pittelli, come appartenente a logge coperte, che sempre secondo il pentito avrebbe avuto anche un ruolo decisivo nel processo che vedeva imputato lo stesso collaboratore per le bombe alla Procura generale di Reggio Calabria. Il Collegio ha, invece, disposto l’esame dei collaboratori di giustizia Domenico Guastalegname , Femia e Mangone, limitatamente alle circostanze indicate nelle memorie, disponendo l’acquisizione delle intercettazioni indicate dall’Ufficio di Procura nelle memorie depositate con riferimento alle posizioni di Antonio La Rosa, Domenico Salvatore Polito, Vincenzo Barba, Paolino Lo Bianco, Francesco Barbieri, tutti coinvolti nella recente inchiesta “Olimpo”, con conseguente estensione dell’incarico peritale.