《Monitorare il barcone, soccorso solo in caso di pericolo imminente》. Dove in quel 《solo in caso di necessità》 ci sta una vita in mezzo al mare, molto spesso anche la morte.
Priorità al contrasto all’immigrazione di massa, quindi. Poi se diventa necessario (ma chi lo stabilisce?) si può anche intervenire. Ammesso che non sia troppo tardi.
Questa direttiva firmata nel 2005 dall’allora ministro dell’Interno Pisanu è stata riesumata da Salvini. Il documento viene mostrato in esclusiva da “Repubblica”. Fino ad allora la Guardia costiera effettuava salvataggi in piena autonomia applicando sempre le regole Sar, quelle di pronto soccorso e con i mezzi più imponenti. Poi la stretta: 《Attenersi scrupolosamente alle indicazioni operative al fine di prevenire l’ingresso illegale di immigrati sul territorio nazionale》.
Lo schema è arido, netto. Un rigido protocollo.
Prima situazione operativa, localizzazione del natante che trasporta immigrati ma senza obbligo di intervento. 《I mezzi in pattugliamento devono limitarsi ad assicurare il monitoraggio (possibilmente in forma occulta) dei movimenti del natante stesso》. Eccole qua le regole di ingaggio di cui, a caldo, all’indomani della tragedia di Cutro del 26 febbraio scorso, ha parlato il comandante della Capitaneria di Porto di Crotone. Che in qualche modo, senza poterne dar conto mediaticamente, ha lasciato intendere d’avere ben poche responsabilità e prerogative. Perché le regole del gioco, e della vita in mare, raccontano altro. Si chiamano regole d’ingaggio. Prima difendersi dagli sbarchi. Poi, se necessario, soccorrere con i mezzi potenti della Guardia costiera. Non sempre però si fa in tempo ad arrivare al secondo punto…
Le regole che hanno “bloccato” la Guardia costiera a Cutro
"Repubblica" mostra un documento esclusivo, una direttiva del 2005 poi riesumata da Salvini