Il mercoledì del dentro o fuori. Dell’incrocio a semaforo lampeggiante. A dar retta ai dipendenti e al loro accorato appello alla resistenza, il mercoledì «del ricatto» perché o Sateca accetta la proposta della Regione, di quelle “che non si possono rifiutare” oppure, sempre secondo i lavoratori, «vogliono costringere l’azienda al fallimento».
Messa così sembra piuttosto il mercoledì che sta in mezzo ai due codici, civile e penale, con netto sconfinamento verso uno dei due che non è difficile identificare.
La “foto” che precede il mercoledì che è «del ricatto» secondo i dipendenti Sateca è la seguente. La Regione e poi i concessionari (i Comuni di Guardia Piemontese e Acquappesa) continuano a non far confluire le acque termali negli stabilimenti di Sateca nonostante sentenze del Tar e in progress del Consiglio di Stato in segno opposto (preferendone la dispersione come si può “ammirare” nella foto). Sicché il pluridecennale e unico sub concessionario, la Sateca appunto, è all’asciutto fino al mercoledì «del ricatto». Era (da tre anni ormai) e rimane all’asciutto. Proprietaria degli stabilimenti ma senza acqua termale dentro. Ma ecco la proposta “che non si può rifiutare” nel mercoledì che secondo i dipendenti è «del ricatto».
Fitto di ramo d’azienda da parte della Regione per 2 anni a 50mila euro all’anno con Sateca da subito fuori dai giochi e con i dipendenti a rischio perché non è dato sapere cosa ne sarà di loro. Gestione, con soldi evidentemente pubblici, ad altro soggetto termale pubblico in attesa dell’acquisto vero e proprio delle Terme Luigiane da parte della Regione da perfezionare con diritto di prelazione entro i 2 anni al prezzo di 7,9 milioni di euro. Ovviamente sempre con soldi pubblici. Quindi sostanzialmente si sta accompagnando Sateca alla porta prima con 100mila euro di fitto di ramo d’azienda restando fuori dalla gestione, nonostante la pluridecennale esperienza nel settore. E poi con diritto di prelazione per l’acquisto a 7,9 milioni da perfezionare entro i 2 anni.
«Sappiamo come si sia arrivati alla determinazione di vendere l’azienda: o la vendita o il fallimento!» sentenziano i dipendenti di Sateca in un documento che leggeranno prima dell’assemblea dei soci». «Siamo consapevoli che rifiutando la vendita la manovra volta all’estromissione della Sateca dalle Terme Luigiane non subirà nessun arresto, ma siamo pronti, disposti e disponibili a reinventarci pur di avere la garanzia che la Sateca resti il nostro datore di lavoro. Non gettate via tutto quanto faticosamente costruito ed egregiamente gestito in questi decenni. Non vogliamo essere gestiti dalla malapolitica!! Per noi Terme Luigiane sarà sempre sinonimo di Sateca». Bontà loro, verrebbe da dire. Perché al termine della lettura del documento, tra qualche lacrima e decibel fuori dal consueto, cadrà con ogni probabilità nel vuoto l’accorato appello di chi sa che sta rischiando il proprio futuro. Perché Sateca, dalle informazioni in nostro possesso, acceterà l’offerta della Regione, quella “che non si può rifiutare”. E si metterà da sola fuori dai giochi, almeno per ora perché i due “codici” di cui sopra (civile e penale) non è detto che siano rimasti immobili nel frattempo in tutta questa faccenda. Quello civile sicuramente no.
Ma perché Sateca accetta di uscire di scena praticamente gratis per 2 anni con tutti i lavoratori contro? Chissà su quale tavolo e in quale dipartimento della Regione si sta giocando il “tavolo di compensazione”. Ma non è certo questo l’unico “perché” con i punti interrogativi piccanti alla fine. Come mai si è scelto in questi anni (ormai sono 3) di lasciare secche e senza acque termali le Terme Luigiane? Perché sono stati privati i calabresi delle cure termali quando Sateca ha sempre mostrato (pur in assenza di bando di gara ormai colpevolmente fatto scadere) di voler riprendere a costo zero l’erogazione dei servizi a cura e a rischio proprio? Perché, con questa estate ormai al tramonto sul piano termale, si è scelto di lasciare per 3 anni con i topi e le rane dentro le acque termali più salubri d’Europa? Chissà.
«Forse tutte queste domande stanno racchiuse in una unica ormai» confessa a bassa voce uno dei dipendenti che domani esporrà il documento. «Basterebbe chiedere a Sateca perché accetta questo ricatto, noi non lo sappiamo ma evidentemente non va a rimetterci. Oppure c’è qualcuno pronto a bordo del fiume che deve poi papparsi tutto…».
I.T.