«Non esiste il partito dei pm, ma l’ansia da “prestazione” sì…»

Luigi Bisignani tiene a “battesimo” la presentazione del libro dell'imprenditore Luigi Mazzei (terrazza Pellegrini a Cosenza) dal titolo “Giustizia è fatta”. Storia di decennale “persecuzione” giudiziaria fino a «il fatto non sussiste». «Ma io non credo al progetto seriale degli inquirenti. Hanno solo fretta di fare carriera...»


di Domenico Martelli

«Il partito dei pm non esiste, non avrebbe neanche senso del resto. Mica fanno squadra, questo è l’ultimo dei loro obiettivi. Esiste, questa sì, “l’ansia da prestazione”. Amano la ribalta e la vetrina mediatica perché spesso è la carriera che illumina le loro performance…».

Un gradino sotto “Dio”, scala in più, scala in meno. A voler credere al Silvio Berlusconi d’annata, quello mirabilante d’inizio millennio, «l’uomo più potente d’Italia».
Luigi Bisignani, introdurne in epigrafe il curriculum offende intelligenze in modo stratificato, è senza alcun dubbio il profilo del potere che sa farsi “uomo”. Dentro ovunque, Luigi Bisignani. Dagli anni Ottanta ad oggi senza farsi mancare nulla ma senza esagerare, tuttavia, con l’iperbole del “super io”. Nel pomeriggio di giovedì (terrazza Pellegrini a Cosenza, ore 18 e 30) tiene a battesimo la presentazione del libro dell’imprenditore Luigi Mazzei dal titolo che è più che un programma, “Giustizia è fatta”. Storia di decennale “persecuzione giudiziaria” salvo planare (ad aziende quasi fallite e a profilo umano “stuprato”) nel più classico dell’epilogo “il fatto non sussiste” sentenziato in Corte d’Appello. Nel mezzo, in due lustri, l’irruenza del sistema inquirente che toglie sonno e dignità. «Ma lo ripeto ancora, non esiste un progetto dei pubblici ministeri. Esiste la voglia e spesso la necessità di stare in vetrina il più possibile e si sa che fa più notizia il “colletto bianco” in custodia cautelare rispetto al più scontato e meno esponibile arresto di venditore di droga al dettaglio».

Quindi l’impianto “giustizia” è salvo? Funziona?

«Il potere giudicante arriva, arriva. E fa le cose per bene, fa quello che deve fare. È lento, farraginoso, ma io ho molta fiducia nel potere giudicante e i risultati quasi mai sono lontani dalla verità “vera”. Il punto è semmai che è debordante all’inizio delle inchieste il potere inquirente ma questa è un’altra storia. Ed è per questo che occorre mettere mano alla riforma ma non credo che questa classe politica regnante sia all’altezza…».

Sta dicendo che il referendum è stato sottovalutato dai cittadini?

«Sto dicendo di più, e persino di peggio. La gente non è fessa e men che meno ingorante. Finge distrazioni di massa ma ha ben compreso che questo refendum somigliava troppo a vendette personali di questo o quel politico o di questo o quel giornalista o di questo o quell’imprenditore contro chi indaga. I quesiti sono transitati poco nei media e quel poco è sembrato livoroso, contro e non con. Ed è un peccato perché lo strapotere iniziale degli inquirenti rappresenta un problema che riguarda tutti».

Ha riguardato anche lei, “l’uomo più potente d’Italia”…

«Certo, ha riguardato anche me. Anche la mia vita “racconta” storie di strapotere inquirente ma la giustizia “giudicante” arriva, arriva. Il problema però esiste e riguarda tutti. Guardi il papà della Boschi, assolto dopo 9 anni di pubblico ludibrio. Ma è la politica contemporanea che è priva di spessore e di attori all’altezza. Quanto “all’uomo più potente d’Italia” lasci perdere, è Berlusconi che mi vuole troppo bene…».

Nega di esserlo o di esserlo stato? Basta leggere il suo retaggio…

«Grande confusione attorno alla mia figura, spesso maliziosamente caricaturata. Sono stato bravo, sono stato al mio posto. Ma lasci perdere quello che dice Berlusconi su di me. La verità è che ho saputo mediare, ho lavorato ai “fianchi” dei Palazzi. Ho fatto da “cinghia di trasmissione” per la soluzione dei problemi. Ho messo in contatto e a fin di bene partiti, ministeri, imprese, giornali e giornalisti, cordate, lobby. Ho fatto quello che dovrebbe fare la politica e che oggi non fa perché non sa fare. Chi media più? Chi parla, chi discute, chi tratta? Ci si parla solo addosso per l’avvenenza social del momento, si insegue il riscontro frivolo. Ma mi dica lei chi passa nottate intere a perder sonno per la soluzione non traumatica dei problemi. Io questo ho fatto e se questo significa potere allora sì, sono stato potente. Ma non l’ho gestito, ho lavorato perché funzionasse al meglio. Anche con la stampa…».

Che rapporto c’è tra il potere e la stampa? E tra i pm in carriera e la stampa?

«Negli anni Ottanta, da redattore dell’Ansa, ho battuto io per primo la notizia della “scoperta” della loggia P2. Si figuri. Mi sono sempre occupato di questo e so che significa la stampa per il potere e per la magistratura. Tutti inseguono la stampa ma il vero problema è che oggi la stampa non insegue nessuno perché non “segue” nessuno. Non fa inchieste, quelle vere. E non tallona il potere né sul versante politico né imprenditoriale. Figurarsi poi giudiziario. Ed è qui che si annida la perversione delle veline con le intercettazioni che finiscono sui giornali, come fossero prove non solo inquirenti ma giudicanti. Sono i pm che fanno in modo che alcune intercettazioni possano finire sui giornali perché ad “attendere” ci sono giornalisti poco giornalisti. E guardi che lo dico da giornalista Ansa degli anni Ottanta…».

Poi però ci sono quei pm che vengono sistematicamente “bloccati” dallo stesso potere anche di altri inquirenti. Non so se ha mai sentito parlare delle scalate mancate di Gratteri…

«Gratteri è uno dei magistrati più esposti dei nostri tempi. Rischia quotidianamente la vita, la sua e quella dei suoi cari, per la lotta al crimine. Non bastano nei suoi confronti attestazioni di stima. Dopo di che però c’è la partita dentro il Palazzo. Prima il “non ministro” e poi il “non procuratore nazionale Antimafia”. Perché bloccato sempre sull’uscio della porta? Perché?»

Già, perché? Se non ce lo dice lei perché non può nessuno…

«Non basta “rifugiarsi” in presunti mandanti per descrivere la penna di Napolitano che si blocca al momento della firma del decreto. I ministri li fa il Capo dello Stato su designazione del capo del governo. Così come non basta la lotta tra correnti a delineare la seconda “fermata”, lo stop al vertice della procura nazionale Antimafia. Evidentemente ci sono poteri più forti che temono Gratteri seduto ai posti di comando…».

Eppure la politita regnante, a fasi alterne, pare proteggerlo…

«Dice? Non ne sono convinto invece. I leader politici spesso e volentieri sulla giustizia amano adoperarsi in “capriole”».

La più memorabile?

«Quella di Renzi sette anni dopo su amnistia e indulto. Anche io, che ne ho viste davvero tante, sono rimasto colpito…».