«Berlusconi in summit di ‘ndrangheta a dare ordini»

Il collaboratore di giustizia Antonino Parisi nel corso dell'ultima udienza a Reggio sulla “'ndrangheta stragista”: ci sarebbero 2 cassette «che non ho mai ascoltato però, Ierinò mi ha parlato del contenuto...»

Delirio allucinogeno, depistaggio tipo “palla in calcio d’angolo”, calcolo speculativo sull’uso del pentimento, oppure la più inquietante delle rivelazioni fin qui rese a proposito di Silvio Berlusconi?
Può starci tutto e il contrario di tutto dietro, prima, avanti, sotto e sopra le clamorose dichiarazioni rese in aula a Reggio dal collaboratore di giustizia Antonino Parisi nel corso dell’ultima udienza del processo “’ndrangheta stragista”, sotto l’egida inquisitoria del pm Giuseppe Lombardo.
Berlusconi, secondo Parisi, avrebbe preso parte a un paio di riunioni con vertici della ‘ndrangheta calabrese e con elementi deteriorati dei servizi segreti, oltreché con pezzi da novanta della politica regnante di allora (siamo nel 2004). Un summit nel quartiere Archi di Reggio Calabria e un altro (più sfumato come racconto) a Roma. E ci sarebbero due cassette audio a testimoniare il tutto, con timbro nitido delle voci del presenti. Solo che Parisi non ha mai preso contatto con queste cassette, non le ha mai ascoltate con orecchie sue. Si è fatto tratteggiare il contenuto dal compagno di cella Vittorio Ierinò, evidentemente tra depositari dei pesantissimi decibel.
Un “tuono” in Corte d’assise d’appello a Reggio che vede imputati il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, siamo nel regno dei Piromalli di Gioia Tauro. Il grande abbraccio, il vero “ponte” tra Scilla e Cariddi e tra le due consorterie criminali più insidiose del Paese. La “visione” oltransista della mafia siciliana degli anni Novanta e la strapotenza militare ed economica della ‘ndrangheta calabrese. Graviano e Filippone condannati in primo grado all’ergastolo per l’omicidio dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, uccisi nel 1994 sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria all’altezza dello svincolo di Scilla.
Si “canta” che è una bellezza in aula e ad un certo punto viene fuori il nome di Silvio Berlusconi. Presente alle riunioni (secondo il racconto del pentito ma di rimando però, non di prima mano, siamo ai confini del “si dice”) e in grado di dettare veri e propri ordini alla ‘ndrangheta, «anche chi doveva essere eliminato». Con lui, alla ipotetica “destra del padre”, il testimone e anello di congiunzione tra politica regnante e criminalità, il “Supremo” Pasquale Condello.
Oltre a loro l’ex sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Valentino ed esponenti dei servizi segreti.
Il pentito ha confermato in aula il contenuto di un interrogatorio reso nel 2013 quando consegnò al magistrato un foglio con gli appunti di ciò che gli sarebbe stato riferito in carcere dal compagno di cella, Vittorio Ierinò. Quest’ultimo, stando al racconto di Parisi, gli avrebbe parlato anche di una audio cassetta con all’interno una registrazione. «Stiamo parlando di Vittorio Ierinò, detto “Manigghia”. Io – ha detto Parisi – quella cassetta non l’ho mai avuta in mano. L’hanno registrata in una casa nel quartiere Archi di Reggio Calabria, nella casa in cui si nascondeva un latitante. Non so di preciso dove. I soggetti registrati, mi è stato riferito, erano Berlusconi e persone dei servizi segreti e della ‘ndrangheta. Questo foglio me l’aveva dato Vittorio Ierinò, dicendomi che lui era in possesso di questa cassetta». «Vittorio Ierinò – ha aggiunto Parisi – voleva collaborare con l’ex procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro e gli hanno detto di scrivergli una lettera. Lui aveva paura di questo e quindi ha scritto questo foglio e l’ha dato a me. Lui era consapevole che l’avrei dato e infatti l’ho dato al dottore Lombardo. Mi ricordo che c’era una collusione tra Stato e ‘ndrangheta, che si parlava di Pasquale Condello, di appalti, che dovevano prendersi un tot per cento. Berlusconi diceva di sì».
Ierinò avrebbe raccontato a Parisi della riunione in cui «c’era Berlusconi, dei servizi segreti, di nomi e cognomi. Si parlava di politica e di questioni un po’ più gravi. In questa cassetta è tutto registrato. Mi ha detto che era una cassetta di quelle piccole. In questa cassetta c’era Berlusconi che ordinava alla ‘ndrangheta tutto quello che doveva fare. Anche eliminare delle persone. C’è tutto in quella cassetta. C’è proprio la sua voce, lui che parla. C’erano quelli dei servizi segreti, c’erano persone importanti. E c’era Valentino. C’era anche una donna dei servizi segreti, Berlusconi e Pasquale Condello, che ha preso gli incarichi lui. Credo che in quella cassetta ci sia il contenuto di un’altra riunione che dopo hanno fatto a Roma nella casa di Berlusconi. E ci sono andati anche alcuni latitanti là. Almeno questo è ciò che mi diceva Vittorio Ierinò».
Alla consolidata serietà di Lombardo il lavoro di “scrematura”, di selezione accurata tra il piombo e l’oro nelle dichiarazioni sui “si dice”. Ai giudici della Corte il resto della missione, se mai sarà possibile definirla e certificarla. In ballo non c’è poco, a ben vedere. Non è mai “post mortem” quando c’è da scrivere e riscrivere la storia del Paese, soprattutto quella che poi in qualche modo è sempre attuale. Al contrario, e cioè se si accerta il regno del “millantato”, si tratta di smascherare moventi e retroscena di quello che potrebbe configurarsi come il più clamoroso dei deliri di un pentito…

I.T.