“Spettacolare ghiacciato”, l’Antimafia al collo dell’Amaro del Capo

Secondo il quotidiano “Domani” l'azienda leader nel mondo per distribuzione distillati alcolici (Caffo) sarebbe finita nel mirino della Dda di Catanzaro per stretti e sinergici contatti con il potente clan di Limbadi, i Mancuso

«Alla ‘ndrangheta piace ghiacciato. I pm indagano sull’Amaro del Capo». Titola così l’edizione odierna del quotidiano “Domani”, apertura del giornale tra l’altro. Il pezzo è a firma di Tizian e Trocchia e riferisce di una indagine della Dda di Catanzaro a carico del presidente e del vicepresidente della Caffo (padre e figlio) per concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio. L’iscrizione nel registro delgi indagati sarebbe del marzo di quest’anno, l’atto «è depositato in un fascicolo di un’altra inchiesta che ha ricostruito gli affari della famiglia Mancuso nel traffico di carburante e petrolio». Contattati da Domani si difendono, il presidente del gruppo però dice: «Non condanno i Mancuso», cioè il clan di cui fanno parte gli uomini in rapporti con lui.
Gli inquirenti sospettano lo stretto legame ultra milionario tra il potente clan dei Mancuso e la Caffo, proprietaria dell’amaro più venduto al mondo e con un fatturato di centinaia di mlioni all’anno. «Di certo – scrive Domani – c’è la documentazione raccolta finora da chi indaga. Intercettazioni, dichiarazioni dei pentiti, informative dei carabinieri, schemi societari in cui si possono incrociare due vicende, quella degli eredi della dinastia Caffo, con una storia imprenditoriale iniziata nel 1915, e quella della cosca Mancuso, al vertice della ‘ndrangheta internazionale, autorevole a tal punto da poter interloquire direttamente con i broker dei narcos colombiani e con i professionisti del riciclaggio che hanno sparso i loro miliioni in giro per l’Italia e l’Europa».
La tesi degli investigatori sul clan Mancuso è in sintesi questa, scrive ancora “Domani”. «Esistono fattivi e concreti interessamenti dei predetti verso l’attività imprenditoriale della “Distilleria Caffo”, diretti a promuovere ed estendere la vendita del prodotto liquoroso “Vecchio Amaro del Capo” nel Nord Italia e all’estero. Tradotto: i vertici della cosca brigano per potenziare la distribuzione dei liquori Caffo». Il fatto, secondo quanto appreso, emergerebbe da un’intercettazione agli atti dell’inchiesta “Petrolmafie”, una captazione ottenuta durante una delle cene nelle quali i Mancuso avrebbero progettato di ampliare i propri affari nel settore dei carburanti, cena però alla quale Caffo non era presente. Lo stesso Caffo, contattato da “Domani” spiega: «In azienda non è mai venuto nessuno per dirmi “portiamo l’amaro fuori”. Non c’è una mia parola di intercettazione con questi signori».

I.T.