Il capoclan ha deciso di saltare il fosso ed è stato interrogato dal sostituto procuratore della Dda Stefano Musolino che, assieme al procuratore Giovanni Bombardieri e ai pm Walter Ignazitto, Sara Amerio, Paola D’Ambrosio e Diego Capece Minutolo, ha coordinato l’inchiesta “Pedigree”.
Nella stessa operazione era stata arrestata la moglie Stefania Pitasi, figlia del boss Paolo Pitasi e ritenuta la “portavoce” del marito nei lunghi periodi di detenzione.
Attraverso i colloqui con la moglie e grazie ad alcuni cellulari fatti entrare illecitamente nel carcere di Torino, Cortese riusciva a dare indicazioni agli affiliati e a gestire gli affari della cosca Serraino.
Il nuovo collaboratore di giustizia è stato già condannato in via definitiva nel processo “Epilogo” e dopo un periodo di latitanza, nel 2017 era stato catturato dalla squadra mobile e dai carabinieri. Oggi quarantenne, stando alle indagini, Maurizio Cortese era riuscito a scalare le gerarchie della cosca Serraino intrattenendo legami anche con gli esponenti delle altre famiglie di ‘ndrangheta come i Labate detti “Ti Mangiu” e Gino Molinetti dei De Stefano-Tegano, recentemente arrestato nell’ambito dell’operazione “Malefix”. (ANSA).